mercoledì 26 marzo 2014

La melma rosa dei fast food

Picture 042Perché un essere umano ragionevole dovrebbe dare da mangiare della melma rosa spacciata per carne bovina ai suoi figli? Dopo la spettacolare ma imprecisa denuncia del popolare chef britannico Jamie Oliver, Mc Donald’s ha sospeso l’impiego della Pink Slime nella fabbricazione dei suoi hamburger per gli Stati Uniti. 
Lo ha fatto per esclusive ragioni di marketing. Siamo sicuri di avere conoscenze sufficienti sulle sostanze impiegate per favorire la conservazione alimentare? Qualche precisazione sulla potenza del marketing dell’industria del macinato e le “bufale” giornalistiche.

Non ci voleva certo la spettacolare denuncia del popolare chef britannico Jamie Oliver per sapere che la carne consumata nei fast food non fa bene alla salute e ha una qualità molto più bassa di quanto perfino i più refrattari al fast consumo potessero immaginare. Ci sono mille e una ragione per resistere a certe insidiose suppliche dei nostri bambini, manipolati dall’innegabile fascino della polpetta “avvelenata” e del pagliaccio che la rappresenta. È probabilmente superfluo elencarle, quelle ragioni, per i lettori di Comune-info, ma, qualora si trovassero a corto di determinazione, ne possono trovare qualcuna in fondo a questo articolo. Le abbiamo pubblicate in passato.


Il caso dell’esplosiva controversia tra Oliver e Mc Donald’s ha infiammato le polemiche nella rete fin dal 2011 e continua a farlo. Lo sappiamo bene, perché sabato 22 marzo anche Comune-info ha pubblicato sul tema un breve articolo tratto da Alternative Health Therapies. Le letture sono piovute copiose come capita raramente di sabato, mentre qualche lettore ci metteva in guardia segnalando nei commenti che eravamo incappati nella classica “bufala”. Alla difficoltà a tutti nota di verificare l’attendibilità di un’informazione circolata in rete nei siti di tutto il mondo, si univa, in questo caso, la potenza di fuoco della “contraerea” delle lobby della carne macinata. Una battaglia epocale.
 
A quanto siamo riusciti faticosamente a comprendere, l’accusa che ha dato origine a quella battaglia contiene alcune imprecisioni e pecca di superficialità “scientifica” ma, nella sostanza, semplifica diverse verità sacrosante quanto allarmanti. La vicenda continua, in ogni caso, a riscuotere grande interesse e a provocare notevoli mal di pancia all’industria del fast food. È la legge del contrappasso, il mal di pancia. La potenza industriale si limita però, attraverso mezzi che non lesinano certo sui compensi in materia di comunicazione, all’accusa di “cialtroneria giornalistica”. Niente, o pochissime avventure sulla sostanza delle accuse rivolte dal cuoco britannico e dai suoi epigoni.


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Tutto è cominciato quando Oliver ha scoperto l’esistenza sul mercato di un prodotto bovino finemente triturato, risultato del processo che separa la carne magra dal grasso, i pezzetti di osso, i tendini, le cartilagini e gli altri “scarti” derivanti dai tagli più pregiati e redditizi. Un tempo, almeno dalle nostre parti, questi scarti venivano gettati via senza pensarci due volte, anche perché il processo di selezione richiedeva molto lavoro e troppa abilità per le necessità di un mercato dominato dalla necessità di guadagno forte e immediato. Più o meno vent’anni fa, invece, tale Eldon Roth è riuscito a escogitare il modo di commercializzare anche gli scarti inventando la cosiddetta Pink Slime, la “melma rosa”, conosciuta anche come  “Lean finely textured beef” (LFTB). Qualcosa di simile circola leggiadra anche in Italia, sotto l’ermetica dizione di “carne separata meccanicamente”

Si tratta di una poltiglia utilizzata largamente nei mangimi per animali che serve però anche ad aumentare il volume di hamburger, wurstel e salsicce spacciati con noncuranza in tutto il mondo. Chi la promuove si affretta a spiegare che “riduce notevolmente il contenuto di grasso nel prodotto”. Non facciamo fatica a crederlo, d’altra parte difficile negare che lo farebbe anche un’aggiunta di barbabietole sbiancate con la trielina. Togliendo carne, il grasso inevitabilmente diminuisce. Forse per questo, comunque, l’utilizzo di LFTB risulta legale in quasi tutti i paesi fino a un 15 per cento del volume complessivo del prodotto.

È in questa fase del processo che interviene il discusso utilizzo del cosiddetto idrossido di ammonio. “Perché un essere umano ragionevole dovrebbe voler mettere carne trattata con ammoniaca nelle bocche dei suoi figli?”, domanda con efficacia Jamie Oliver al suo pubblico. E qui le cose si fanno un po’ complicate, perché in primo luogo c’è chi sostiene che l’idrossido di ammonio proprio non esista. Altri  ne rilevano la sostanziale differenza dall’ammoniaca, spiegando giustamente che un gas è diverso da un liquido; altri ancora lo ritengono un comune e innocuo additivo utilizzato in tutta l’industria conserviera (il che non ne garantisce affatto la salubrità). C’è infine chi segnala che ci sono sostanze chimiche utilizzate per conservare ben più pericolose dell’ammoniaca, la cui molecola, in fondo, è già presente nel corpo umano. Viene prodotta durante il metabolismo delle proteine e assorbita nel sangue per esser poi trasformata in urea dal fegato ed eliminata attraverso i reni.


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Di certo, per tornare alla melma rosa, quel che è comunemente noto come idrossido di ammonio serve ad aumentare il ph del prodotto riducendo il rischio della creazione di batteri pericolosi per il consumatore. Un procedimento che può evitare grossi guai ma che non è certo salubre, sebbene sia verissimo che riguarda purtroppo gran parte dei cibi conservati.

A differenza di quel che forse ne ha concluso Jamie Oliver al momento della sua denuncia (mai legale) nel programma di grande successo The Food Revolution della BBC- e diversamente da quel che sostengono i molti articoli che lo citano in modo superficiale – l’utilizzo dell’idrossido di ammonio in centinaia di alimenti è regolarmente autorizzato dalla Fao, dalla Oms e dalle autorità sanitarie dell’Unione Europea. Oliver, lo ricordiamo, si produsse invece nel 2011 in una documentata dimostrazione di grande impatto nella quale mise la carne di scarto in una essiccatrice lavandola con ammoniaca. Il pubblico ne fu sconvolto.

Non resta infine che dedicare qualche riga alla Mc Donald’s, tirata in ballo del tutto a sproposito e in modo calunnioso, secondo gli accesi sostenitori della malafede di Oliver e dei soliti giornalisti avvezzi alla “bufala” stantia. Il povero colosso dell’hamburger si limitava, infatti, a comprare carne da imprese che usavano la “melma rosa” nel proprio macinato. Lo faceva però, precisano gli attenti osservatori, nelle percentuali quantitative autorizzate e solo allo scopo di ridurre le quantità di grasso. Ne siamo sollevati. Avreste mai immaginato che Mc Donald’s potesse usare carne non commestibile avvelenando la gente negli Stati Uniti? Sarebbe antieconomico, spiegano i Mc fans.

Sappiamo tutti che quando Mc Donald’s ha detto che le sue patate fritte negli Usa non contenevano glutine – e poi questo è risultato essere un clamoroso falso – sono state presentate denunce per milioni di dollari a causa delle indisposizioni sofferte dai celiaci. Sarebbe folle esporsi a nuove denunce che potrebbero costare miliardi di danni. Sarà mica solo per questo che Mc Donald’s ha sospeso l’acquisto di forniture che contengono LFBT per la preparazione dei suoi hamburger? 


  
Marco Calabria e Riccardo Troisi
fonte: http://comune-info.net/2014/03/la-melma-rosa-dei-fast-food/

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