martedì 29 luglio 2014

Business sfrenato: etichettare il super calciatore con un chip biologico.

È il sogno di ogni tifoso o presidente di società di calcio, avere la formula segreta per capire se la giovane promessa diventerà un fenomeno come Lionel Messi o Cristiano Ronaldo. Ora grazie al test del Dna sarà possibile non solo rintracciare l’identikit ‘super calciatore’, ma prevedere gli infortuni o la predisposizione a lesioni muscolari.

È il progetto che vedrà impegnati la Temple University di Philadelphia e il settore medico del Calcio Napoli.
A supervisionare la ricerca è Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine e del Centro di biotecnologia del College of Science and Technology della Temple University di Philadelphia.  
“L’idea è di capire attraverso il Dna quali sono le caratteristiche genetiche degli atleti che hanno le maggiori ricadute sulla loro forma fisica – spiega Giordano all’Adnkronos Salute – così da scoprire eventuali predisposizioni a lesioni muscolari o la correlazione tra biologia e fattori genetici”
L’accordo tra la Temple University e lo staff medico del Calcio Napoli, guidato da Alfonso De Nicola, ha come basi di partenza il lavoro fatto da De Nicola e il suo gruppo sulla prevenzione degli infortuni. Il Napoli è infatti una delle squadre della Serie A ad avere avuto negli anni passati il minor numero di infortuni.  
“I dati raccolti negli anni dal professor De Nicola sono un punto di partenza fondamentale – aggiunge Giordano – da qui si potranno capire quali sono i geni maggiormente coinvolti nel successo sportivo di un atleta. Perché un professionista è più veloce di un altro, è meno incline agli infortuni o ha avuto una carriera più longeva rispetto ad un collega. È chiaro che poi c’è una variabile importante da tenere in considerazione: l’ambiente – chiosa Giordano – in cui si nasce e si matura. Non tutti sono Maradona, anche per questo tipo di fattore che ha un suo peso insieme alla voglia dello sportivo di emergere e di vincere”. 
Secondo Giordano, questo progetto, applicabile anche ad altri sport come ad esempio la boxe,  
“porterà allo sviluppo di un chip biologico che permetterà di monitorare i cambiamenti genetici a cui va incontro l’atleta. Si potrà seguirlo per tutta la carriera e raccogliere dei dati molto interessanti sugli stili di vita. Parliamo di uno screening non invasivo per gli sportivi – sottolinea – ma che potrebbe essere anche importante nella prevenzioni di malattie spesso associate al calcio come la Sla“.
La Temple University – ci tiene a sottolineare Giordano – ha capito la qualità scientifica del progetto e ha deciso di dare un incarico accademico ai medici del Calcio Napoli
“Ma le potenzialità di questa iniziativa potranno essere applicate anche in altre discipline e in programmi di biologia dello sport”. 
Non siamo ancora all’atleta cyborg, ma gli studi sul Dna dei giocatori azzurri potrebbero aprire una nuova strada 
“anche una medicina specializzata sulle esigenze dei singoli atleti e terapie sempre più personalizzare”. (Fonte: Il Fatto Quotidiano).
A parte i passi in avanti della tecnologia e della medicina, questi dettagli su chip impiantati su singoli per monitorare la qualità di soggetti che già oggi vengono “comprati” da società private. 

Etichettare esseri umani per preservare la qualità fisica come se fossero merce spalanca le porte ad un inquietante futuro basato sul capitalismo sfrenato che sta abituando silenziosamente la nostra società anche alle iniziative più sconcertanti.


fonte: http://www.globochannel.com/2014/07/24/business-sfrenato-etichettare-super-calciatore-chip-biologico/

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