venerdì 25 luglio 2014

Dov'è la libertà di parola?

Dov'è la libertà di parola?

La libertà di parola è il diritto dell’uomo a esprimere liberamente i suoi pensieri sia verbalmente, sia sulla carta. È considerata una delle maggiori conquiste della democrazia e la sua mancanza diventa oggetto di discussioni e denunce. Eppure oggi questa liberta sempre più spesso viene trasformata in uno strumento di giochi politici, sebbene la vera libertà di parola, come del resto ogni altro tipo di libertà, sia soltanto relativa.
 
Le organizzazioni internazionali denunciano regolarmente: la violazione dei diritti dei giornalisti e dei blogger, l’uccisione dei giornalisti, le persecuzioni penali contro i mass media, la pressione sulle emittenti pubbliche e varie altre restrizioni, trascurando però il fatto che tutto ciò riguarda non solo regimi totalitari o Paesi arabi: con arroganza o manovre varie, la libertà di parola viene violata ovunque.

In tutta Europa, già da tempo, è diventato “normale” concordare con le persone di potere i testi degli articoli e delle interviste: i collaboratori dei VIP “redigono” le domande dei giornalisti. In alcuni Paesi il tribunale può imporre ai mass media multe per calunnie e reati contro la privacy, obbligarli a porgere le scuse ufficiali. In Gran Bretagna si discute sull’opportunità di creare delle commissioni preposte al controllo dei mass media. Di che si tratta? Di una nuova censura o di un tentativo di far ragionare i giornalisti che hanno “oltrepassato ogni limite”? Un esempio recente. In Norvegia lo storico Bjorn Nistad è stato dichiarato persona non grata nel proprio Paese per essersi espresso in disaccordo con la posizione assunta dalle autorità europee sulla vicenda ucraina. Ora rischia di perdere il suo posto di lavoro e la possibilità di insegnare.

La libertà di parola è solo un’illusione, come anche la libertà assoluta. Le persone e gli organi d’informazione dipendono dalle circostanze, dalle congiunture politiche, dai soldi e anche da se stessi. Rincorrendo la “notizia”, i proprietari dei mass media sono pronti a pubblicare qualunque cosa. Nei dibattiti televisivi, sulle pagine dei giornali, la gente è pronta a fare a pezzi i propri oppositori, ma con metodi “civili”, cioè manipolando le parole.

Ecco che cosa pensa della libertà di parola il giornalista e scrittore italiano, direttore della rivista trimestrale “Reportage”, Riccardo De Gennaro.
Sì, in Italia c’è libertà di parola. Perfino di parolaccia, come dimostrano alcuni dei nostri politici o sedicenti tali. La libertà di parola dovrebbe coincidere con la libertà di pensiero, garantito dalla nostra Costituzione, ma spesso dietro la parola non c’è nemmeno un pensiero. In Italia molti parlano a vanvera, senza conoscere, senza sapere, senza informarsi. Ogni dibattito (sia esso politico, sportivo, culturale, o di politica estera) si trasforma spesso in uno scontro tra “tifosi” di una tesi o della tesi opposta.
Oggi si usa parlare male della Russia, dire che in Russia la gente è priva di ogni diritto, mentre in Europa e negli USA tutto è possibile. Precisiamo che la legge russa non prevede alcuna punizione per la critica allo Stato o agli organi di potere (in conformità all’articolo 319 del Codice penale è perseguibile soltanto l’offesa al pubblico ufficiale in relazione all’adempimento dei suoi doveri, mentre la Legge Federale “Sul contrasto all’attività estremista” consente di qualificare come estremismo l’offesa in pubblico alle massime autorità dello Stato).

Il Codice penale della Germania, invece, contiene ben tre commi (§90, §90а, §90b) che puniscono l’offesa al Cancelliere, al Presidente, allo Stato, ai simboli statali, agli organi di potere e ai loro rappresentanti. Dette disposizioni del Codice prevedono non solo multe, ma anche pene fino a 5 anni di carcere.

Ogni testata segue la propria filosofia e sceglie informazioni secondo la propria politica redazionale. Chi non vuole scrivere in sostegno del governo può cambiare lavoro e farsi assumere da una testata d’opposizione. E non è mica necessario avvelenare il pozzo dal quale si beve. La libertà di parola non c’entra, è questione di autocensura, dice Riccardo De Gennaro.
Аnche nei giornali c’è libertà di parola, raramente ci sono censure visibili, perché è lo stesso giornalista ad autocensurarsi, prima di poter essere eventualmente censurato. Un giornalista che scrive per una determinata testata vi si attiene completamente, quando deve scrivere di un fatto, alla linea politica decisa dall’editore che lo retribuisce. È per questo che nei corsi di giornalismo si invita sempre ad acquistare più giornali per valutare una notizia.
A quanto pare, la libertà di parola già da tempo ha perso il suo valore originale. Viviamo nell’epoca della crisi dei significati, dove si scatenano le correnti delle informazioni false che non si possono destinguere da quelle obiettive. Le opinioni personali non esistono più, regnano compilazioni, link e hyperlink. Quindi, la libertà di parola deve rigenerarsi nella nuova realtà 2.0.

 


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