lunedì 23 febbraio 2015

Il Mandala Cosmico

 Crediti: shutterstock.com

Dalle teorie sul multiverso alle superstringhe, la scienza sta affrontando i piani di coscienza delle antiche filosofie sciamaniche.

Piani di esistenza
Il passaggio dalla realtà ordinaria a quella non ordinaria (il cosiddetto stato alterato), come insegna lo sciamanesimo, può condurre la coscienza a varcare le porte (la Soglia in linguaggio esoterico) della nostra tridimensione per accedere ad altri piani di esistenza superiori (o inferiori, inferi) al nostro, tenendo presente che questa distinzione o suddivisione in piani verticali è solo per uso teorico (concettuale). Se la tradizione dello sciamanesimo ragiona da millenni in senso “verticale”, solo oggi la fisica teorica sta recuperando questa visione del reale, abbandonata per decenni in virtù di un’ottica orizzontale, piatta di ciò che ci circonda. Con la teorizzazione di “multiverso”, a partire dalla metà del secolo scorso, infatti, la fisica intende reintrodurre in maniera scientifica quei piani di esistenza di cui parlavano le antiche dottrine.


Oggi al posto dei “piani di esistenza” o “Cieli” abbiamo le “dimensioni” altre dalla nostra, da non confondersi però con gli universi paralleli teorizzati da Hugh Everett. Le teorie sul multiverso, infatti, da Kaluza-Klein alle superstringhe fino alla Teoria E8, disegnano un cosmo in cui le dimensioni (siano esse 5, 11, 26 o 248) come co-esistenti nello stesso continuum spazio-temporale, ovvero coesistenti nello stesso punto. Oltre alla nostra terza dimensione (quarta col tempo), potrebbero esistere altre dimensioni coincidenti con la nostra che in stato ordinario non possiamo esperire: ciò non significa però che non esistano, ma che semplicemente in condizioni “normali” non siamo in grado di percepirle e di accedervi. 

Queste altre dimensioni, invisibili in stato ordinario, si svelano però all’uomo in condizioni straordinarie, NDE (Near Death Experiences, esperienze di premorte), OOBE (Out Of Body Experiences, esperienze fuori dal corpo), stato alterato di coscienza indotto da sostanze psicotrope o trance sciamanica, DMT endogena: queste dimensioni sono “i regni celesti” o “l’oscuro mare di consapevolezza” in cui è solito muoversi lo sciamano in qualità di psicopompo. In questo regno altro alla nostra tridimensione, si possono incontrare esseri simili a fate, elfi, coboldi, oppure ai moderni “alieni”: grigi, rettiliani, insettoidi, orange.

Viaggio nel multiverso
Le neuroscienze stanno riscoprendo e verificando sperimentalmente gli insegnamenti delle sapienza sciamanica e della Tradizione. Gli psiconauti di oggi, così come gli sciamani di un tempo, riescono ad accedere – sotto attento controllo scientifico/psichiatrico – a quelle stesse “realtà” e dimensioni astrali che gli sciamani chiamavano semplicemente “cieli” e che la fisica teorica intende come dimensioni altre dalla nostra ma che coesisterebbero con la nostra. Se i neuroscienziati o gli psichiatri come Rick Strassman hanno verificato in laboratorio con somministrazione controllata di DMT le stesse visioni indotte negli sciamani da ayahuasca, questi viaggi nel multiverso sono anche gli stessi che catapultano in modo spontaneo una piccola percentuale della popolazione in orario notturno, dalle 3 alle 4 di notte. 

Questa percentuale fa parte di coloro che sintetizzano una dose massiccia, più elevata della media, di DMT. Non sarebbe un caso che questa percentuale corrisponda a quella degli addotti ma anche di coloro che sono dotati di capacità medianiche. A partire da Albert Hofmann in poi, i chimici e neuroscienziati hanno utilizzato il termine “realtà” per indicare le immagini e i contenuti che vengono trasmessi alla coscienza in stato alterato e che sembrano appartenere a una realtà “più reale” della realtà ordinaria.

Un paradosso?
Non per gli psiconauti, né per i neuroscienziati che studiano da anni la DMT. Costoro cercano semplicemente di spiegare che ciò che si affaccia alla coscienza dell’uomo sotto l’uso di alcune specifiche sostanze psicotrope (così come in trance sciamanica o sotto effetto spontaneo, endogeno di DMT) non è il frutto di fantasia o di mera “alterazione”, ma, al contrario, il risultato di un’espansione della coscienza. La coscienza, cioè, si troverebbe a interagire con una nuova realtà, aprendosi ad altri, finora sconosciuti, piani del reale, ovvero i “cieli” o i reami del sogno in cui si trova a viaggiare lo sciamano.

Enrica Perucchietti nel suo ultimo libro “Il fattore Oz, Alieni, sciamanesimo, multidimensionalità” affronta approfonditamente i temi trattati in questo articolo

La “nuova” realtà che si presenta alla coscienza in stato alterato (o meglio espanso) non sarebbe così una proiezione di contenuti dell’inconscio (come invece intendono alcuni psicologi), ma il frutto di una vera e propria espansione della nostra percezione. Su questo punto sembrano concordare tutti i neuroscienziati, chimici e psichiatri che si sono avventurati nello studio delle sostanze psicotrope, a partire da Stanislav Grof fino a Rick Strassman. Nessuno come l’etnobotanico Terence McKenna, però, ha reso meglio l’idea dell’effetto che ha la DMT sulla coscienza: «Il mondo dimetiltriptaminico è del tutto reale, anzi, in un certo qual modo, più reale del mondo ordinario» e ancora «Questa sostanza […] mi permetterebbe quindi di vedere oltre il velo», ovvero di accedere all’akasha o matrice o rete sciamanica. La filosofia inglese a partire da Locke e Hume ha messo in discussione non solo l’oggetto delle nostre percezioni, ma la stessa realtà delle cose e del nostro io.

A complicare il tutto ci ha pensato la fisica teorica che da Einstein in poi ha dovuto ammettere – da un punto di vista matematico – la possibilità dell’esistenza di più dimensioni, oltre alle nostre tre (più la quarta definita dal tempo).

Se il multiverso fosse un mandala
Se la relatività ci autorizzava a considerare il tempo come una quarta dimensione, il matematico polacco Theodor Kaluza avrebbe complicato le cose sfidando “l’ovvietà” del senso comune. Nel 1919 Kaluza ebbe l’audacia di teorizzare che «l’universo avrebbe potuto avere più dimensioni [spaziali] di quelle a tutti note». In un lavoro spedito a Einstein nel 1919 Kaluza avanzò l’ipotesi che la struttura spaziale dell’universo può avere più dimensioni delle tre che comunemente riconosciamo. Grazie alla precisazione del matematico svedese Oskar Klein, quella che venne poi battezzata come la teoria Kaluza-Klein sostiene che nell’universo possono coesistere dimensioni estese comunemente esperite (le tre dimensioni che noi conosciamo e siamo abituati a “vedere”) e dimensioni aggiuntive che dobbiamo pensare come arrotolate in un piccolo spazio. Il fatto che questo spazio che “contiene” le ulteriori dimensioni arrotolate sia piccolissimo spiegherebbe perché di fatto noi non le vediamo: lo spazio sarebbe così piccolo «da essere sfuggito finora ai più raffinati apparati sperimentali».

Insomma, noi abitualmente abbiamo “coscienza” solo delle tre dimensioni spaziali a cui si va ad aggiungere la quarta del tempo, teorizzata da Einstein, mentre ci sfugge la percezione e dunque l’esperienza delle altre dimensioni. Ciò però non significa che queste dimensioni non esistano, anzi. Sono invisibili per i nostri sensi, ma esistono e compenetrano la nostra tridimensione. Queste dimensioni altre alla nostra possono anche essere abitate da esseri che noi normalmente non siamo in grado di percepire.

Secondo Kaluza e Klein l’universo ha infatti tre dimensioni spaziali grandi ed estese e almeno una circolare più piccola che, se sommata alla quarta (che è quella del “tempo”), diventa la quinta. Questa ulteriore dimensione, però, esiste ovunque, in tutto l’universo: non può essere intesa come una “parte” di esso ma, essendo più piccola delle altre tre, è più difficile da esperire. Anzi, è così difficile da scorgere da poter sfuggire ai più potenti strumenti di misurazione. In estrema sintesi questa quinta dimensione «È una nuova dimensione, che esiste ovunque all’interno dell’universo a noi famigliare, esattamente come le tre direzioni che si possono specificare in ogni punto (destra-sinistra, avanti-indietro, su-giù) […] Aggiungendo il parametro temporale, vediamo che le dimensioni dello spaziotempo diventano cinque, una in più di quelle che ci aspetteremmo». (Brian Greene).

Anzi, nei modelli matematici dell’attuale fisica teorica, in particolare sulla base della teoria delle supestringhe, il numero di queste dimensioni, è stato stimato in dieci o 26, mentre altre teorie arrivano a ipotizzare un numero anche superiore di dimensioni: è il caso della “Teoria del tutto straordinariamente semplice” o Teoria E8 di Antony Garrett Lisi che prevede fino a 248 dimensioni. Lisi è un fisico fuori del comune che alla vita in laboratorio ha preferito le onde e le spiagge per surfare. Proprio osservando il corallo ha avuto un’intuizione che gli ha permesso di sviluppare la teoria E8.

Secondo Lisi l’universo ha una forma grafica ben precisa che si avvicina enormemente a quella di un mandala: si tratta infatti di una “struttura” di 248 punti che incorpora le simmetrie di una geometria a 57 dimensioni ed è esso stesso a 248 dimensioni. Ecco come lo definisce Garrett: «Quello che sono riuscito a fare è descrivere tutte quelle particelle, includendo la gravità, quali parti di un singolo campo, con un singolo calibro di raggruppamento. E successivamente, ho scoperto che questo calibro è l’E8, forse una delle più belle strutture in matematica». A parte il romanticismo di questa teoria, non possiamo non cogliere le numerose implicazioni simboliche ed esoteriche delle ricerche di Lisi: né tantomeno non ricordare come sotto DMT il fenomeno della sinestesia riveli alla coscienza figure di mandala…

Che sia il macrocosmo che si rivela nella sua forma essenziale, primordiale alla coscienza del microcosmo/uomo? Non dobbiamo dimenticare che sotto effetto di DMT o ayahuasca il primo fenomeno che appare alla coscienza è la sinestesia, che fa apparire suoni e colori in rapido movimento che assumono forma di mandala colorati. La percezione di mandala si alterna a quella di serpenti che molti scienziati, Michio Kaku in primis, hanno collegato alla figura della molecola di DNA…

L’idea di un multiverso, per quanto rivoluzionaria e diversamente declinata dai fisici teorici, non è ancora entrata appieno nella nostra realtà quotidiana, in cui ciò che esiste è ridotto per esperienza “ordinaria” alle tre dimensioni. L’essere ancora vincolati a vecchi schemi ci impedisce non solo di “visualizzare” un universo multidimensionale, ma di poterlo anche solo immaginare. L’iperspazio teorizzato dalla fisica contemporanea e supportato dalle neuroscienze, potrebbe gettar luce su molti misteri che ci circondano, tra cui i sogni, i viaggi extracorporei, le esperienze di premorte, le visioni estatiche o sotto sostanze psichedeliche, la sincronicità, infine i rapimenti “alieni” e le possessioni diaboliche.

Il cuore di questo dilemma è, ancora una volta, la coscienza.



Enrica Perucchietti è giornalista, scrittrice e conduttrice televisiva. Ha pubblicato “NWO – New World Order” per Infinito Editori e “Il Fattore Oz” per Xpublishing.


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