Nell’evoluzione della coscienza esiste un paradosso
fondamentale: noi impieghiamo milioni di anni per strutturare un Ego, un vero
“Io”, e poi, una volta strutturato questo benedetto Io, dobbiamo gettarlo
via.
Dietro questo gioco paradossale si nasconde però il significato della nostra vita e del nostro “sentirci vivi nel mondo”, perché il senso dell'Io definisce la nostra esistenza autonoma rispetto all’Uno primordiale.
Come ho già spiegato nei due post precedenti, l’Ego non solo
non è qualcosa di negativo, come invece si tende a credere oggi, ma è qualcosa
di fondamentale in funzione di uno sviluppo psicologicamente sano
dell’individuo. I nostri problemi non nascono dal fatto che “siamo schiavi del
nostro Ego”, come si afferma in certe filosofie dell’ultima ora, ma, al
contrario, dal fatto che non siamo ancora riusciti a strutturare un Io sano.
Un Io “centrato” è fondamentale.
Senza la consapevolezza dell’Io – ossia, senza la consapevolezza di essere separati dall’Uno e talvolta in conflitto con Esso – noi saremmo in uno stato di coscienza simile al sonno profondo. Nel sonno profondo come si sta? Non può essere descritto, perché in quei momenti non siamo consapevoli, per cui non possiamo capire se siamo felici o infelici.
Quando ci trovavamo ancora fra le braccia del Padre il nostro stato era proprio questo, sonno profondo.
L’Ego non è un mostro, ma semplicemente la coscienza di sé. Separarci dal Padre è servito a svegliarci dal sonno profondo. L’Ego ci permette di essere coscienti della nostra esistenza in quanto individui. Questo famigerato Ego appare come un mostro fuori controllo solo perché non lo abbiamo ancora correttamente plasmato.
Il grande paradosso cui accennavo all’inizio consiste nel
fatto che noi in realtà non esistiamo, ma siamo semplicemente un’emanazione del
Padre, una goccia di Lui che si cala nella materia e che da Lui non può mai
staccarsi. C’impieghiamo milioni di anni e decine d’incarnazioni per arrivare a
credere di non essere il Padre, fino al punto più basso, quello in cui
addirittura ne neghiamo l’esistenza. Questo è il segno che abbiamo finalmente
raggiunto la separazione completa dall’Uno, dal Creatore. La separazione in
definitiva è falsa, perché noi in realtà restiamo sempre Lui, ma questo gioco
di ruolo ci rende consapevoli.
Quando finalmente, dopo milioni di anni, ci siamo convinti di
esistere in quanto enti separati... e addirittura non crediamo nemmeno più
nell’esistenza di un Padre... arriva il momento di buttare tutto nella
spazzatura e “tornare a casa del Padre”. La bizzarria di questo momento
evolutivo è che miliardi di persone sono chiamate – quasi costrette – a
destrutturate l’Io... anche se non lo hanno ancora strutturato... e la maggior
parte ne sono ancora ben lontane.
Per fare un esempio pratico, succede che tu venga chiamato
ad abbandonare il senso del possesso, quando invece, evolutivamente, ne avresti
ancora bisogno. Il senso del possesso verso cose e persone – e le sofferenze
che ne derivano – ha il compito evolutivo di rafforzare il nostro senso
dell’Io, fornendogli delle sicurezze materiali. È esattamente ciò che accade
all’Io di un bambino che “possiede” la sua mamma e possiede i suoi giocattoli.
Se ci mettessimo a spiegare il non attaccamento a un bambino di 4-5 anni
saremmo dei folli e bloccheremmo il sano sviluppo del suo Ego.
La follia che in questo periodo storico si sta propagando nel mondo, a tutti i livelli, dalle decisioni politiche agli omicidi familiari (127 donne uccise dai partner in Italia nel 2010; quest’anno siamo a 101, dati di Ottobre 2012) è dovuta proprio a questa causa: l’umanità è costretta dai cambiamenti planetari a destrutturate un Io che non è ancora strutturato. Come un bambino che deve crescere troppo in fretta e non regge allo sforzo.
Creare per poi distruggere
Il viaggio di strutturazione dell’Io va dall’Unità alla
Separazione, quello di destrutturazione va dalla Separazione all’Unità. Creiamo
qualcosa per poi distruggerlo. Ciò che all’inizio ci è indispensabile per
l’evoluzione, può con il tempo diventare un ostacolo alla stessa. Anime diverse
si trovano su differenti gradini della Scala di Giacobbe e, di conseguenza,
perseguono obiettivi diversi. Un’anima deve ancora scendere verso la
separazione, mentre un’altra è pronta per salire verso l’Unità.
Un bambino appena nato non ha coscienza di sé, in lui non
c’è ancora un Io perché non c’è ancora il senso di separazione. Lo stesso
discorso ha valore per un’anima bambina – e sulla Terra al momento sono la grande
maggioranza – che possiede ancora tutte le insicurezze e i bisogni di un
bambino, anche se il corpo che occupa ha 40 o 50 anni.
In una situazione normale all’anima è consentito compiere
questo percorso nei tempi che le sono più congeniali. Ma in questo periodo
storico la Terra
è arrivata alla fine di un ciclo, per cui ci troviamo sottoposti a condizioni
molto particolari, di grande tensione. Se il pianeta che temporaneamente mi
ospita giunge al termine di un ciclo e decide di compiere un salto evolutivo,
io devo essere capace di fare altrettanto, altrimenti si crea un divario sempre
più ampio fra me e lui. Infatti quello che sta accadendo a quasi tutte le
persone sulla Terra è che vengono quotidianamente spinte a destrutturare il
loro Io, anche se non hanno ancora un Io maturo e ben strutturato.
Un ritardo evolutivo è un gap che si crea tra il punto dove
siete e quello dove dovreste essere. Se non c’è punto di riferimento non c’è nemmeno
ritardo, ma se questo punto c’è, perché la Terra stessa lo sta manifestando con i suoi
rapidi mutamenti, allora il ritardo può diventare così grande da non permettervi
più di recuperare. Se tutto andasse come dovrebbe andare – se la nostra società
fosse una Società dell’Essere dove a scuola ti insegnano come scoprire chi sei
e cosa sei venuto a fare – noi marceremmo allo stesso ritmo della Terra; allora
saremmo felici di cambiare insieme al nostro pianeta. Ma dal momento che la nostra
civiltà è allo sbando e stiamo accumulando sempre più ritardo evolutivo, il
cambiamento che sta investendo in questi anni il pianeta diventa fonte di
difficoltà, se non di disperazione, per la maggior parte degli esseri umani.
Quando parlo di cambiamenti planetari sia ben chiaro che non
mi sto riferendo alla fine del mondo o alla famigerata data del 21.12.2012. Io
per primo sarei contento se avvenisse una mutazione repentina del pianeta fra due
giorni – così... dal tramonto all’alba – ma so anche che accade unicamente ciò
che serve e non ciò che speriamo. Come ho scritto tempo fa (2007) nel mio libro
La
porta del Mago (uno dei più belli fra quelli da me pubblicati):
Questo ‘Passaggio delle Ere’ è stato predetto da antiche popolazioni.
Nel passato ci sono stati molti passaggi fondamentali come quello che stiamo per vivere, incluso quello che avviene ogni 13 000 anni, cioè a metà del movimento di Precessione degli Equinozi (26 000 anni circa). Lemuria e Atlantide a quanto pare, scomparirono alla fine di due diversi cicli cosmici, come quello che si chiuderà nei prossimi anni. Per quanto concerne la data in cui accadrà tale passaggio, non ci è dato di saperlo. Negli ultimi decenni sono state avanzate diverse ipotesi riguardo la possibilità che avvenga nel 2012, ma sono tutte ipotesi da verificare.
Nei giorni del 21 e 22 il centro del Sole sarà perfettamente
allineato con il centro della Galassia, mentre la Terra concluderà il proprio
ciclo di precessione degli equinozi. L’allineamento fra Sole e centro della
Galassia dura in realtà 36 anni, dal 1980 al 2016, ma il 21 dicembre 2012 pare
che tale allineamento raggiungerà il massimo della precisione.
(informazioni tratte da 2012...
finalmente di Massimo Rodolfi)
Insomma, per quanto possiamo ironizzare sull’argomento, a
mio parere è una data che vale almeno qualche ora di meditazione... o preghiera...
o tutt’e due. Questa sarebbe un buona maniera per trascorrerla.
Adesso vediamo brevemente da quali segnali potete capire se
avete un Io già strutturato oppure no. Il che equivale a prevedere quanto
soffrirete nei prossimi anni per via della destrutturazione forzata cui saremo
tutti sottoposti.
L'Io e l'apertura del Cuore
L'Io e l'apertura del Cuore
Adesso vediamo brevemente da quali segnali potete capire se avete un Io già strutturato oppure no. Il che equivale a prevedere quanto soffrirete nei prossimi anni per via della destrutturazione forzata cui saremo tutti sottoposti.
È facile. C’è una parola che vi può illuminare: la gelosia. Tanto più
questa malattia – perché è una malattia mentale – in voi è grave, tanto
più indica che c’è ancora del lavoro da fare per strutturare l’Io. In
generale un Io strutturato è un Io autosufficiente, che si
autodetermina, che non ha più bisogno degli altri per affermare sé
stesso. La gelosia funziona bene come esempio perché, a un livello
profondo, rappresenta la necessità che un'altra persona – il partner –
avvalori ciò che noi siamo, la nostra identità. In altre parole, la
gelosia è il disperato bisogno che l’altro ci dimostri con la sua
fedeltà che noi valiamo qualcosa. Il tradimento metterebbe invece in
crisi la nostra identità, l’idea che abbiamo di noi.
Il bambino ha bisogno d’essere coccolato, riconosciuto, rispettato nei bisogni della sua personalità... E in effetti per un bambino è normale, anzi, indispensabile, ma per un adulto che sia davvero un adulto... no. Il bisogno di identificarsi in queste certezze esterne segnala un Io non ancora strutturato.
Questo è il gioco di Dio: vi do un Io e poi ve lo tolgo. La coscienza di essere individui separati dal Tutto, è temporanea e ci serve per osservare la Bellezza di quello che il Padre crea nell’Universo. L’unico scopo dell’autocoscienza individuale è divenire consapevoli di essere creature divine e poter osservare la Bellezza intorno a noi. Se non ci fosse consapevolezza che ragione avrebbe la creazione? Se guardiamo un albero e lo troviamo bello, questo accade solo perché abbiamo un Io che ci permette di confrontarci con l’albero. Lo stabilire che “lui” non sono “io”, mi permette di conoscerlo, di odiarlo oppure di amarlo.
Aprire il Cuore porta a una prima destrutturazione dell’Io, perché per amare l’altro, mentre da una parte dobbiamo continuare a sentirci separati da lui, dall’altra siamo anche costretti ad accorciare le distanze. Se lo amiamo è perché, pur essendo ancora diverso da noi, non rappresenta più lo sconosciuto e il pericolo.
La fase evolutiva che siamo in procinto di vivere è la fase della rottura delle distanze, perché è la fase dell’amore, e amare significa rompere le distanze. Per questo motivo la vibrazione di fondo del mio lavoro riguarda sempre l’apertura del Cuore. In realtà non sono venuto a parlare di Alchimia, Magia, tradizioni esoteriche e quant’altro... ma solo dell’apertura del Cuore... della visione della Bellezza.
Che tu invece vieni ad ascoltarmi nella speranza di illuminarti o risvegliarti… questo non riguarda me. Non mettere sulle mie spalle questo carico.
Qualunque libro tu abbia letto, qualunque scuola tu abbia frequentato, a qualunque tradizione o insegnamento tu faccia riferimento... se non hai aperto il tuo Cuore e non vedi la Bellezza sei semplicemente uno dei tanti ciechi di quest’epoca!
Se vivi in un mondo brutto è solo perché sei cieco, non perché il mondo sia davvero brutto. Se sei triste o in difficoltà il mondo non ha colpa. Gli occhi del Cuore non sono gli stessi occhi della mente e non vedono nulla di male, colgono solo Bellezza. Quando vedi solo Bellezza sei nell’anima, se invece vedi cose brutte vuol dire che sei nel circolo vizioso della personalità. Allora cerchi di scappare e chiami questa fuga psicologica “illuminazione”. Ma perché dovrebbe cercare una cosa come l’illuminazione chi vede già il mondo bello?
Il bambino ha bisogno d’essere coccolato, riconosciuto, rispettato nei bisogni della sua personalità... E in effetti per un bambino è normale, anzi, indispensabile, ma per un adulto che sia davvero un adulto... no. Il bisogno di identificarsi in queste certezze esterne segnala un Io non ancora strutturato.
Questo è il gioco di Dio: vi do un Io e poi ve lo tolgo. La coscienza di essere individui separati dal Tutto, è temporanea e ci serve per osservare la Bellezza di quello che il Padre crea nell’Universo. L’unico scopo dell’autocoscienza individuale è divenire consapevoli di essere creature divine e poter osservare la Bellezza intorno a noi. Se non ci fosse consapevolezza che ragione avrebbe la creazione? Se guardiamo un albero e lo troviamo bello, questo accade solo perché abbiamo un Io che ci permette di confrontarci con l’albero. Lo stabilire che “lui” non sono “io”, mi permette di conoscerlo, di odiarlo oppure di amarlo.
Aprire il Cuore porta a una prima destrutturazione dell’Io, perché per amare l’altro, mentre da una parte dobbiamo continuare a sentirci separati da lui, dall’altra siamo anche costretti ad accorciare le distanze. Se lo amiamo è perché, pur essendo ancora diverso da noi, non rappresenta più lo sconosciuto e il pericolo.
La fase evolutiva che siamo in procinto di vivere è la fase della rottura delle distanze, perché è la fase dell’amore, e amare significa rompere le distanze. Per questo motivo la vibrazione di fondo del mio lavoro riguarda sempre l’apertura del Cuore. In realtà non sono venuto a parlare di Alchimia, Magia, tradizioni esoteriche e quant’altro... ma solo dell’apertura del Cuore... della visione della Bellezza.
Che tu invece vieni ad ascoltarmi nella speranza di illuminarti o risvegliarti… questo non riguarda me. Non mettere sulle mie spalle questo carico.
Qualunque libro tu abbia letto, qualunque scuola tu abbia frequentato, a qualunque tradizione o insegnamento tu faccia riferimento... se non hai aperto il tuo Cuore e non vedi la Bellezza sei semplicemente uno dei tanti ciechi di quest’epoca!
Se vivi in un mondo brutto è solo perché sei cieco, non perché il mondo sia davvero brutto. Se sei triste o in difficoltà il mondo non ha colpa. Gli occhi del Cuore non sono gli stessi occhi della mente e non vedono nulla di male, colgono solo Bellezza. Quando vedi solo Bellezza sei nell’anima, se invece vedi cose brutte vuol dire che sei nel circolo vizioso della personalità. Allora cerchi di scappare e chiami questa fuga psicologica “illuminazione”. Ma perché dovrebbe cercare una cosa come l’illuminazione chi vede già il mondo bello?
Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)
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