mercoledì 25 marzo 2015

Pinocchio

 
La trasmutazione alchemica di un burattino che diventa individuo.
 
Il ladro che s'intrufola tra la folla cercando qualcuno da poter
derubare, è quasi un chiaroveggente. Come se avesse delle
antenne, egli sente quali sono le persone vigili, sveglie, e
quali invece sono mezzo addormentate. L'indizio per lui è la
luce, perché dall'uomo vigile emana una sorta di chiarore, e non
sarà quindi con lui che se la prenderà. Egli va in cerca di chi
sonnecchia a occhi aperti, e s'impadronisce del suo portafogli
o della sua borsa, senza che l'altro se ne accorga, essendo
infatti immerso in una sorta di oscurità.
Allo stesso modo, le entità malefiche del mondo invisibile, non
se la prendono con colui nel quale sentono la luce – né gli possono giungere le maledizioni dei nemici – perché sanno che saranno immediatamente individuate e respinte. Perciò, attenzione: se volete essere al riparo da tutte le specie di
ladri, mantenete sempre in voi una luce accesa.

Omraam Mikhael Aivanhov
 
Quella che intraprende Pinocchio è in verità una via alchemica che porta al risveglio. Come afferma anche lo splendido Aivanhov nel precedente passo: i ladri vanno in cerca di chi sonnecchia a occhi aperti. Le persone non si danno pena di risvegliarsi perché non si rendono conto dei pericoli – provenienti ora dal piano materiale ora da dai mondi sottili – con cui quotidianamente convivono. È bene che l’uomo addormentato resti cieco, perché se “vedesse” si accorgerebbe delle entità e delle situazioni che lo circondano e ne resterebbe sconvolto. Immaginate di svegliare un sonnambulo mentre sta camminando sul cornicione d’un palazzo!
 
A Riva del Garda (Trento), nel pomeriggio di domenica 29 Marzo, propongo un seminario nel corso del quale scopriremo che la storia del burattino Pinocchio altro non è che la storia d’un essere umano “meccanico” che attraverso numerose peripezie (le cosiddette iniziazioni) diviene infine un essere consapevole e risvegliato. È il cammino interiore d’un burattino che – divenuto uomo – al termine della favola “ritrova il Padre”.
 
Pinocchio è un nome composto dai due termini “pino” e “occhio”. Il frutto del pino, la pigna, nell’esoterismo ha sempre indicato la ghiandola pineale (la quale si chiama così proprio perché ha la forma di una pigna, dal lat. pinea), una ghiandola che corrisponde al »terzo occhio« nella fisiologia esoterica. Pinocchio rappresenta quindi il processo di apertura del terzo occhio, la capacità di vedere oltre la forma.
 
 
È scritto nel Vangelo:
La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra! - (Mt 6,22-23)
Il Padre, Geppetto, ne è il Creatore, infatti non è un vero padre nel senso comune del termine, ma Colui che lo trae dalla materia e gli dà forma. Lo scolpisce nel legno, lo crea burattino, cioè un essere “meccanico”, “addormentato”, come direbbe Gurdjieff, in grado di parlare e camminare, ma non dotato di coscienza, quindi non ancora umano.
 
Appena creato, Pinocchio diviene subito ingestibile, in quanto non ha ancora ritrovato né la sua anima (la Fata Turchina) né tantomeno il Padre, dal quale dovrà prima separarsi per conoscere le insidie del mondo, proprio come accade al figliol prodigo nell’omonima parabola evangelica. Lungo il suo cammino iniziatico imparerà a conoscersi, a gestire il corpo, le emozioni e la mente, sorvegliato a distanza dalla sua anima, la quale – nonostante le menzogne del burattino – lo aiuterà nei momenti più bui e lo rimetterà sulla “retta via”.
 
Notare che il libro ebbe grande successo popolare, ma l’allora imperante perbenismo (1883, anno della pubblicazione) della critica letteraria ne sconsigliò la lettura ai ragazzi “di buona famiglia” per i quali, taluno soggiunse, “poteva trattarsi d’una perniciosa potenziale fonte d'ispirazione”.
 
Salvatore Brizzi
(occupazione: domatore di fiumi)
 
 

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