martedì 26 maggio 2015

Vitalizio o no, i parlamentari restano lo specchio della società che li vota


E' sempre più attuale, in tutti i Paesi del mondo, criticare i propri politici e vedere in loro l'origine di tutti i mali e che parlamentari e altri rappresentanti eletti non siano, troppo spesso, dei disinteressati servitori del bene pubblico è un dato di fatto. Ma è altrettanto certo che essi sono solo lo specchio delle società da cui provengono.

In ogni Parlamento o Assemblea pubblica si possono ritrovare circa con la stessa proporzione che si trova nella rispettiva " società civile", lazzaroni e grandi lavoratori, persone oneste e disoneste, intelligenti e cretine, colte e ignoranti. A secondo della cultura e dei valori presenti nel Paese, le suddette categorie si distribuiscono in percentuali diverse e più o meno importanti. Purtroppo, viene istintivo fare di ogni erba un fascio e le critiche e i risentimenti colpiscono tutti indifferentemente.


Una delle critiche più comuni è che i nostri Eletti guadagnino troppo e che abbiano privilegi inaccettabili.
 
In verità, in Italia, durante i lavori dell'Assemblea Costituente, si discusse se gli incarichi elettivi dovessero essere a titolo gratuito o remunerati. Si decise che, come nella maggior parte degli altri Paesi del mondo, la seconda ipotesi fosse più desiderabile poiché, altrimenti, solo i benestanti o i nullafacenti avrebbero potuto permettersi di accedere alle cariche pubbliche.  Si pensò anche, al fine di scoraggiare che la carica ottenuta spingesse gli eletti ad abusare della posizione per garantirsi una qualche sistemazione per il "dopo", che gli stessi, alla fine dell'aleatorio mandato, potessero avere un "vitalizio".

Non fu chiamato "pensione" perché il tipo di incarico rivestito non era né da libero professionista né da lavoratore dipendente trattandosi, come recita la Costituzione, di un incarico al servizio del Paese da svolgersi "senza vincolo di mandato". Anche il compenso non fu equiparato ne' a uno stipendio né a un salario e fu quindi correttamente definito "indennità".

Che vitalizi e indennità siano alti, bassi o adeguati rimane una valutazione soggettiva ma il loro ammontare non fu lasciato alla discrezione degli stessi Parlamentari ma perequato, per difetto, ai compensi del presidente di Sezione della Corte di Cassazione. In altre parole, quando si dice che i Parlamentari si sono alzati lo stipendio, si dice una falsità: esso si alza o meno se aumenta quello del Presidente di Cassazione. Il vitalizio fu invece immaginato come un qualcosa a metà strada tra un'assicurazione privata e una vera e propria pensione. Per ognuno, mensilmente, è trattenuta una certa cifra che darà diritto alla riscossione di una somma il cui ammontare, come succedeva per tutte le pensioni fino alla riforma, sarebbe stato legato all'ammontare delle ultime indennità.  Da qualche anno, come per i lavoratori dipendenti così anche per gli eletti, quanto sarà pagato al raggiungimento dell'età' prevista, non lo sarà più calcolato basandosi sul metodo "retributivo" bensì " contributivo".

Detto ciò, poche settimane orsono, Camera e Senato, con tripudio di popolo, hanno deciso che nonostante i contributi già versati, i Parlamentati condannati in via definitiva non avranno più diritto a percepire il vitalizio maturato. I Presidenti delle due Assemblee hanno anche dichiarato, facendo tra loro a gara di demagogia, che avrebbero voluto "fare di più, ma questo è stato il massimo che si poteva ottenere".

Il presidente del Senato Pietro Grasso e il presidente della Camera Laura Boldrini in una foto.
© Foto - Il presidente del Senato Pietro Grasso e il presidente della Camera Laura Boldrini in una foto.

Quello che sembrerebbe un atto di giustizia è però una decisione dubbia che potrebbe perfino essere invalidata dalla Corte Costituzionale. A parte il discorso sui diritti maturati, perché non si fa lo stesso con le pensioni dei delinquenti comuni? Essere stati politici è diventato un demerito a priori?  Si dirà: sono dei criminali che hanno arrecato danni alla collettività infrangendo le leggi votate da loro stessi.

Ma se hanno arrecato danni, pecuniari o anche solo d'immagine, alla società e alle Assemblee per le quali erano stati votati, perché i Presidenti delle Camere non si sono costituiti  parte civile nei processi in cui quei malandrini sono stati condannati? Sarebbe stato più corretto sia dal punto di vista procedurale che per la tutela della figura del Parlamento.  Probabilmente si sarebbe potuto ottenere qualche ammontare magari anche superiore ai vitalizi che saranno loro sottratti, ma, soprattutto, non si sarebbe corso il rischio di un atto che potrebbe essere giudicato incostituzionale.

Purtroppo la mancanza di politici con forte personalità e convinzione nelle proprie idee (ma esistono ancora delle idee?) spinge i più a scelte solo demagogiche che mirano piuttosto a gratificare i sentimenti immediati e irrazionali del popolino che a governare con saggezza e lungimiranza.

Peccato! Speriamo solo nel futuro.

Mario Sommossa

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