giovedì 23 luglio 2015

LA STRAGE DI BOLOGNA PER OCCULTARE QUELLA DI USTICA

 
 Ledeen & Renzi

 
Da Ledeen a Renzi e ritorno a Tel Aviv. Le stragi non vanno mai in prescrizione anche sotto governi telecomandati dall'estero. Quei 20 chilogrammi di esplosivo che il 2 agosto 1980 fecero saltare in aria la stazione di Bologna provocando 85 morti e 200 feriti non c’entrano niente con il terrorismo palestinese, né tanto meno con il terrorista Carlos. 

Il giudice per le indagini preliminari di Bologna Bruno Giangiacomo ha recentemente archiviato in via definitiva le indagini a carico dei terroristi tedeschi, Thomas Kram e Margot Christha Frohlich che erano finiti indagati dalla Procura nel filone della pista palestinese soffiata dal Mossad. Dopo 35 anni, tuttavia, la magistratura italiana non ha ancora individuato i mandanti e gli esecutori materiali.

Si trattò di un eccidio anomalo, perché avvenne in una situazione politica stabilizzata; perciò la strage assume la caratteristica di un tentativo di cancellare dalla città, dall'attenzione dei mass media e dell’opinione pubblica, dal dibattito politico, dall'indagine dei magistrati la precedente strage di Ustica. 

Il Dc-9 Itavia ammarato il 27 giugno 1980 al largo di Ustica, mentre volava da Bologna a Palermo con 77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio, non esplose in volo e nelle vicinanze c’era almeno un altro aereo che lo attaccò, quasi certamente con un missile, lasciando una traccia radar che per anni era stata scambiata per i rottami del Dc-9 stesso. Lo afferma uno studio del Dipartimento di ingegneria aerospaziale dell’Università di Napoli consegnato ai legali dei familiari di alcune vittime. Gli ingegneri dell’Università Federico II, a distanza di anni dalle ultime indagini tecniche promosse dalla magistratura, sono giunti alla fine del 2014, a queste conclusioni rielaborando con nuove tecnologie gli stessi dati che erano stati acquisiti subito dopo il disastro. 
 

Dall’analisi emerge, innanzitutto, che la comparazione tra le tracce radar di Ciampino e la disposizione dei relitti finiti in fondo al Tirreno è compatibile con l’ipotesi che l’aereo, dopo un evento improvviso che creò uno squarcio nella fusoliera e la conseguente depressurizzazione, sia precipitato in mare sostanzialmente integro. Una novità assoluta che, stando a quanto affermano gli esperti consultati dai familiari delle vittime, rimetterebbe in discussione l’interpretazione dell’intero scenario. 

Fino ad ora, per sostenere la presenza di almeno un aereo non identificato nelle vicinanze del Dc-9, provata anche dalle parziali risposte fornite dalla Nato, si faceva riferimento a tre plot (-17, -12 e 2b), ovvero una coppia di tracce che compaiono prima del momento del disastro e due battute dopo. Adesso, invece, nell’ipotesi formulata dagli esperti partenopei, i plot che non appartengono al volo Itavia 870 sono molti di più, almeno una ventina, e proverebbero la presenza di uno, o forse due, aerei che da ovest verso est, dopo averlo attaccato, intersecano la traiettoria del Dc-9 e si disimpegnano. 
 

Dunque l’oggetto non identificato, che rimane per oltre un minuto in quota e ben visibile ai radar dopo l’ultima battuta del Dc-9, non avrebbe nulla a che fare con i rottami dell’Itavia in passato chiamati in causa per dare una spiegazione alle tracce che contaminano l’ultimo tratto della sua rotta. L’ipotesi che il Dc-9 non fosse esploso in volo era stata tenuta in considerazione anche dai primi collegi peritali, ma mai suffragata da una specifica indagine tecnica. Un software molto avanzato ha permesso di ricostruire la sua agonia dal momento in cui viene colpito, perde quota, esce dai radar e in meno di cinque minuti stalla verso il mare, di prua, a una velocita’ di oltre 200 metri al secondo. 

L’associazione plot-relitti, alla base di questo nuovo studio, in passato aveva rappresentato un punto debole nelle ricostruzioni che sostenevano la destrutturazione in volo come conseguenza di un’esplosione interna provocata da un ordigno. 

Perché proprio Bologna? Innanzitutto perché a Bologna risiedevano gran parte dei familiari delle vittime di Ustica, che dovevano essere zittiti con una strage di enormi proporzioni in città. In secondo luogo perché il Sismi poteva contare sull'appoggio di importanti magistrati alla procura della Repubblica locale. Infine, la interpretazione in     chiave politica, di attacco alla roccaforte del Pci, sarebbe essa stessa stata un depistaggio sui reali obiettivi, scaricando sulla manovalanza fascista, ampiamente infiltrata dal Sismi, le responsabilità. 


E’ il Sismi anzi il super servizio segreto militare, secondo i giudici di Bologna, a organizzare il depistaggio delle indagini. Sia pure su scenari e con motivazioni diverse, emergono due fili che allineano le deviazioni sulla strage di Bologna e quelle sulla strage di Ustica: lo stesso periodo e la firma del servizio segreto militare. Infatti, nella sentenza-ordinanza dei giudici Vito Zancani e Sergio Castaldo (depositata il 14 giugno 1986) e nel sesto capitolo della requisitoria dei giudici Libero Mancuso e Attilio Dardani. 


L’accusa è documentata: «Esistono numerose prove di malafede atte a dimostrare che le finalità perseguite dagli uomini della P2 inseriti nei servizi erano di impedire ad ogni costo l’accertamento della verità». Proprio qui entra in gioco anche il nome di Marco Affatigato e la falsa notizia che lo dava tra i morti del Dc 9. «Cionondimeno – attestano i magistrati – essa servì a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dal sospetto di responsabilità militari. 

Ci si chiede innanzitutto, come mai Affatigato, da anni latitante, rifugiato all’etero e apparentemente dimenticato, sia tornato improvvisamente alla ribalta prima con l’episodio di Ustica e poi con la strage di Bologna, posto che la sua estraneità a entrambi gli episodi sembra indiscutibile». Infatti, l’operazione Affatigato è inscenata per depistare. La mattina del 28 giugno 1980, a tempo di record, poche ore dopo il disastro il generale Giuseppe Santovito, capo del controspionaggio tricolore, spedisce un fonogramma classificato come “urgente” al conte Alexandre de Marenches, al vertice dello Sdece, il controspionaggio francese, su quanto è accaduto la sera prima nel cielo italiano. 

Nel 1981 il depistaggio messo in atto con la strage di Bologna viene perfezionato in accordo con lo Sdece. Il riemergere dell’ipotesi del missile rese necessario rilanciare la pista sulla strage di Bologna, concordando un'ipotesi di depistaggio credibile con riferimenti precisi. Il 9 gennaio, nella saletta vip di Fiumicino, il faccendiere Francesco Pazienza, Santovito e Mike Ledeen, di ritorno da Parigi dove avevano avuto un incontro riservato con il capo dello Sdece de Maranche, consegnarono al capo della I divisione Sismi un appunto circa attentati sui treni che si sarebbero dovuti compiere in Italia da parte di Freda, Ventura, Delle Chiaie con l’aiuto del Fane e di gruppi tedeschi. 


Il 12 gennaio il colonnello Musumeci trasmise alla polizia una nuova informativa che, riprendendo quella fatta pervenire in precedenza ai magistrati di Bologna, precisava che a trasportare in Italia materiale esplodente per compiere gli attentati sarebbero stati Raphael Lagrande e Dimitris Martin che si sarebbero incontrati ad Ancona con altri terroristi. A Bologna nel medesimo giorno, durante un controllo sul treno 5114 Taranto-Milano, la polizia ritrovò una valigia contenente armi, esplosivo, documenti vari, biglietti d'aereo, quotidiani eccetera. 

Ma chi è Ledeen che attualmente viene accreditato ufficialmente come consulente di Matteo Renzi? Michael Ledeen è una spia dell’intelligence nordamericana e italiana. Negli anni Ottanta senza ricoprire nessun incarico ufficiale è, di fatto, consulente strategico per i servizi americani lavorando nelle amministrazioni di Regan e di Bush. Ha anche lavorato come consulente storico per il SISMI (servizio informazioni e sicurezza militare italiano). Nel 1980, infatti, è stato al servizio di Giuseppe Santovito. In quegli anni ha coltivato alcune amicizie tra le quali Bettino Craxi e Francesco Cossiga. 


Ledeen, inoltre, è membro dell’American Enterprise Institute uno degli organismi che, dopo l’11 settembre 2001, hanno forzato la politica estera Usa nell’attuale e rovinosa guerra al terrorismo globale, hanno indotto l’invasione dell’Afghanistan, l’occupazione dell’Iraq, hanno provato ripetutamente l’aggressione dell’Iran. Consulente di vari ministri israeliani, Ledeen è stato anche tra i capi del Jewish Institute for National Security Affairs (JINSA), ossia la cupola semi-segreta in cui si allacciano i rapporti inconfessabili tra l’esercito israeliano, alcuni settori del Pentagono e l’apparato militare industriale statunitense. 


Ledeen è stato anche attratto dal mondo dei servizi segreti italiani e la sua abilità di depistaggio è stata riservata anche al nostro paese. Il suo nome appare in alcuni “misteri” nostrani: da “esperto” in aiuto di Cossiga al tempo del sequestro Moro, a consulente del già SISMI. Il suo nome è legato anche all’attentato al Papa Giovanni Paolo II: allora Ledeen concepì la pista bulgara, in gran parte considerata falsa, per nascondere alcune verità inconfessabili. 


Ciò sarà confermato dalla spia Francesco Pazienza che nel corso del processo del 1986-1988, in cui fu imputato e poi condannato per i depistaggi nella strage di Bologna, ha raccontato che Ledeen era nel Supersismi prima che lui ci entrasse. Pazienza riferì testualmente in sede processuale: «Il Supersismi non era una struttura ma un’organizzazione… tra loro c’era Michael Ledeen, che era già lì prima che arrivassi io, e continuò a collaborare con i servizi, tanto che io arrivai a sapere con assoluta certezza che nel 1985 lui ottenne tutto il materiale dell’inchiesta sull’attentato al Papa».  

Il Supersismi, quindi, fu la struttura segreta sovrimposta ai servizi militari dalla P2 di Licio Gelli. Dalle indagini sulla strage di Bologna risulta che gli insabbiamenti furono coordinati dalla P2, soprattutto con i suoi uomini nel SISMI. A metà degli anni Ottanta, l’allora capo del SISMI, Fulvio Martini allontanò Ledeen dal nostro Paese, definendolo ufficialmente «persona non gradita all’Italia». 


Ledeen riappare in un altro scandalo italiano: “Mani Pulite”. Invitò più volte Antonio Di Pietro a Washington all’American Enterprise Institute. 


Ledeen nel 1985-1986 è stato al centro dello scandalo Iran-Contras (Irangate) ovvero un traffico illegale di armi con l’Iran (su cui vigeva l’embargo), allo scopo di facilitare il rilascio di sette ostaggi statunitensi in quel momento nelle mani degli Hezbollah in Libano. Col ricavato si è finanziata in modo occulto l’opposizione violenta dei Contras al governo sandinista del Nicaragua, legittimamente eletto, ma inviso agli USA. Una commissione d’inchiesta parlamentare definirà la faccenda come “episodio imbarazzante ed “esemplare dei rischi di iniziative fuori dai canoni”. 


Quindici anni dopo, il nome di Ledeen è riemerso in un’altra inchiesta parlamentare su un’altra operazione da lui escogitata. Parliamo di un “summit” segreto organizzato a Roma nell’ottobre del 2011 tra due funzionari del Pentagono e i vertici del SISMI per valutare un’operazione di spionaggio in Iran. E chi era il perno di quell’operazione? Ancora Ghorbanifar. 


Il nome di Ledeen appare al centro di un altro scandalo, Nigergate, legato a presunti contatti tra Niger e Iraq in merito alla fornitura di uranio per la fabbricazione di armi nucleari. La vicenda venne alla luce con un’inchiesta svolta dai giornalisti italiani Carlo Bonini e Giuseppe D’Avanzo, secondo cui l’intelligence militare italiana, ovvero il SISMI, avrebbe consegnato alla CIA falsi documenti che avrebbero dovuto provare l’importazione di uranio dal Niger da parte dell’Iraq di Saddam Hussein. Tali documenti sarebbero stati, poi, utilizzati dal l’inquilino della casa bianca, George W. Bush come prova dei tentativi del dittatore iracheno di procurarsi armamenti nucleari. 


Da questo falso si costruì la seconda guerra del Golfo. Michael Ledeen, faccendiere e persona dichiarata non gradita all’Italia già negli anni ’80, coinvolto in scandali internazionali, complicati rapporti diplomatici tra stati e azioni riferibili ai servizi segreti italiani, americani e israeliani, è oggi annoverato tra i collaboratori del primo ministro pro tempore Matteo Renzi e rappresenta il consigliere “a stelle e strisce” per la politica estera italiana. La sua figura, a dir poco nebulosa nebulosa, potrebbe rappresentare la causa delle “discutibili” scelte politiche del nostro Paese nelle recenti controversie in Medioriente e Ucraina contro la Russia. 

Secondo il New York Post, ammiratori del sindaco di Firenze sarebbero gli ambienti della destra repubblicana, legati alle lobby pro Israele come anche pro Arabia Saudita. In questa direzione va anche il suo principale consulente politico, Marco Carrai (ricordate l’imprenditore/amico che pagò l’affitto della casa di Firenze a Renzi per ben 34 mesi?) magicamente impegnato in Israele in venture capital e nuove tecnologie. Ledeen ha spesso difeso Berlusconi, mentre seguiva la crescita politica di Renzi del quale oggi è consigliere. Una storia che si ripete dopo Craxi e Di Pietro. 


La ricerca della verità, non di una verità di comodo, dovrebbe condurre i magistrati ad approfondire quanto scrisse un colonnello del Mossad, Victor Ostrowski, nel suo libro The other side of deception (mai tradotto in Italia) in cui afferma di aver fatto personalmente, con l'aiuto di esponenti della P2, un trasporto di armi ed esplosivi in Italia, proprio all'inizio del 1980 e, per di più, sulla strage di Ustica, che è datata 27 giugno di quello stesso 1980 di sangue, di aver saputo, dal suo superiore diretto nel servizio segreto israeliano, che quell'abbattimento era opera loro. 


Fu il maresciallo dei carabinieri Francesco Sanapo a raccontare che nel 1981, a Parigi, si riunirono, ospiti del servizio segreto militare francese, le tre maggiori cariche dei servizi militari italiani, i generali Santovito e Musumeci e il colonnello Belmonte, poi condannati. Con loro un personaggio vicino ai vertici della P2, tale Pazienza, e, sopra tutti, il capo della CIA in Italia, il politologo ed acceso partigiano sionista Michael Leeden. 


Ed è proprio Ledeen le cui frequentazioni con l'attuale premier Renzi ne confermano un ruolo di primo piano in molte vicende, anche attuali, di casa nostra, l'anello mancante tra Cia Mossad e P2 che andrebbe sentito dai magistrati, specialmente adesso, dopo la rimozione del depistaggio palestinese. Senza dimenticare Ostrowski ovviamente. Allora, come mai nessuno dei due - Leeden e Ostrowski - è mai stato sentito dalla magistratura italiana? 



Gianni Lannes 


riferimenti: 

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=strage+di+bologna http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=strage+di+ustica http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cronaca/2014/31-luglio-2014/2-agosto-pista-palestinese-l-archiviazione-223664859419.shtml
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=leeden  http://archiviostorico.corriere.it/2010/gennaio/19/Ledeen_Pietro_ceno_Luttwak_mio_co_9_100119021.shtml
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/ledeen-amico-amerikano-matteuccio-giornale-consulente-76149.htm
 http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-01-15/i-due-consiglieri-atlantici-e-opposti-sindaco-064225.shtml?uuid=ABU5pop


http://www.stampalibera.com/?a=30040 

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