La campagna di bombardamenti turchi contro Siria e Iraq è motivata da ben altro che ipotetiche considerazioni “anti-terroristiche”.

Turchia e USA hanno sorpreso il mondo il mese scorso, quando hanno annunciato che si sarebbero appoggiati vicendevolmente nelle rispettive campagne “anti-terrorismo” nella regione. Ankara ha finalmente concesso a Washington l’uso della base di Incirlik per le missioni di bombardamento regionali, mente gli USA si sono impegnati a sostenere la Turchia nella sua presunta battaglia contro l’ISIS in Siria e nel suo martellamento del PKK in Iraq. Pochi gli osservatori colti di sorpresa da questi sviluppi, specialmente se si pensa che precedentemente, sembrava che gli USA non fossero riusciti a convincere la Turchia ad intervenire in modo convenzionale in Siria durante il famigerato assedio di Ayn al-Arab. Per spiegare questo repentino voltafaccia, si deve andare oltre la superficie degli intrighi politici,  e analizzare l’evoluzione dei retroscena fino ad oggi.


La propaganda elettorale di Erdogan
Le ultime elezioni generali turche si sono concluse con una deludente sconfitta per Erdogan ed il suo partito AKP, che non è riuscito a conquistare la maggioranza, che nei loro auspici avrebbe garantito il potere di cambiare la costituzione. Ciò in parte è dovuto a una duplice causa – l’esordio alle elezioni del Partito Democratico del Popolo (HDP) a partecipazione curda, che ha totalizzato un notevole 13,1%; e la formazione di destra Partito del Movimento Nazionalista (MHP, persone che pensano che Erdogan dovrebbe essere più aggressivo) che ha ottenuto il 16,3% del totale.  Evidentemente, gli elettori che hanno sostenuto questi due partiti, hanno sottratto sostegno all’AKP, e lo hanno privato della maggioranza prevista. 

Nell’attuale scenario politico, Erdogan adesso dovrà formare una coalizione con il MHP (cosa che le due formazioni hanno escluso) o andare a elezioni anticipate; delle due eventualità, la seconda sembra essere la più probabile.

Nella preparazione per le prossime elezioni, che potrebbero rappresentare un momento da “o la va, o la spacca” per l’AKP, Erdogan non sta lasciando nulla al caso. Per assicurare al proprio partito la possibilità di conquistare l’agognata maggioranza, sembra essere pronto a sfruttare l’offensiva anti-Curda (che ha rinfocolato il sentimento nazionalista governativo e verosimilmente ha attratto elettori del MHP) al fine di sopprimere l’HDP.  Il Presidente Turco ha già richiesto ai legislatori di scavalcare l’immunità parlamentare per gli appartenenti a questo partito, affermando che alcuni dei suoi capi potrebbero avere legami con il PKK, il gruppo terrorista di ispirazione Turca – e Occidentale – contro cui Ankara è tornata a combattere. Anche se pubblicamente si oppone alle richieste populiste di abolire l’HDP, Erdogan ha recentemente proclamato che “… i responsabili di questo partito dovranno pagare. Lo Stato Turco ha il potere di far pagare questi cosiddetti politici e cosiddetti intellettuali per il sangue dei propri martiri.”

Questa furia di nazionalista potrebbe prefigurare la repressione politica anti-Curda che i suoi critici temono, e che gli consentirebbe di escluderli dalle prossime elezioni. Se Erdogan riuscisse a mettere “tutte le papere in fila” sottraendo voti al MHP e contemporaneamente eliminando i suoi avversari del HDP, allora aumenterebbe notevolmente le possibilità per l’AKP di vincere le elezioni anticipate e introdurre le riforme costituzionali che rafforzeranno la sua presidenza.

Le giravolte USA sui Curdi.
In molti si grattano la testa chiedendosi come mai gli USA siano passati dal sostegno ai Curdi in Iraq e Siria all’appoggio alla campagna della Turchia contro di loro (facendo finta di non vederla), ma la realtà è che gli USA hanno manipolato i Curdi sin dall’inizio utilizzandoli come una pedina geo-politica. Da un lato, li hanno illusi  nella creazione di un “Israele geopolitico” nel cuore del Medio Oriente, ma dall’altro sapevano bene che questo tentativo avrebbe spinto la Turchia a intervenire militarmente per porre fine a questi piani (che avrebbero potuto far deragliare il suo  potenziale pivot eurasiatico). 

In entrambi i casi, sarebbe stata un affare win-win per Washington; per questo motivo, tale disegno è stato perseguito fino in fondo, con gli USA che hanno fornito armi, equipaggiamenti, mercenari (“volontari“), e addestramento ai Curdi, pur sapendo che ciò avrebbe inevitabilmente incoraggiato i loro militanti più accesi a rivolgere le proprie capacità e i materiali appena acquisiti contro la Turchia. Quando finalmente è successo (col pungolo delle provocazioni turche), Ankara è tornata a colpire in Iraq, e usando la copertura della campagna “anti-ISIS” per farlo anche in Siria contro le milizia curde del YPG, affiliate al PKK.

Gli USA sono irritati nei confronti del YPG per la loro lealtà ai principi democratici della sovranità degli Stati, dato che fino ad oggi si sono rifiutati di rivoltarsi contro il governo siriano e di unirsi ai loro confratelli iracheni per formare il “Grande Kurdistan”.  Causa di ciò, non si sono opposti agli attacchi punitive turchi contro di loro. Inoltre, avendo l’YPG dato prova di essere un efficace attore anti-ISIS, quanto più le sue capacità sono ridotte dall’esercito turco, tanto più potente può diventare l’ISIS, cosa che come conseguenza richiederà un ancora maggior coinvolgimento americano-turco, dietro la facciata dell’operazione volta a eliminare i terroristi. 

Tutto questo non è altro che una cortina fumogena che nasconde il vero obiettivo, che è ancora il cambio di regime in Siria. Il fatto che la Turchia abbia alla fine consentito agli USA di utilizzare la base di Incirlik per le loro operazioni anti-siriane, e analogamente l’autorizzazione di Obama al Pentagono di attaccare l’Esercito Arabo Siriano a certe condizioni, conferma senza ombra di dubbio che di questo si tratta, anche se non è chiaro fino a che punto le due parti si spingeranno per realizzare questo obiettivo strategico.

Tic Tac
Le tempistiche di tutte queste vicende (la doppia offensiva della Turchia, la decisione di Incirlik, a e la nuova aggressività di Obama verso la Siria) sono state specificamente coordinate affinché tutto avvenisse nell’immediatezza della conclusione dell’accordo nucleare con l’Iran. Gli USA non volevano rischiare di irritare l’Iran e spaventarlo al punto da ritirare la firma, ergo questa decisione è stata posticipata giusto il tempo che se ne seccasse l’inchiostro. Adesso che l’Iran si è impegnato nel Piano di Azione Congiunto, c’è una finestra temporale di un po’ più di sei mesi prima che riceva i miliardi di dollari di fondi congelati di cui era stato privato a causa delle sanzioni ONU.  

Questa imminente manna finanziaria, consentirà all’Iran di sostenere la Siria e i propri alleati regionali in modo più sostanzioso, rafforzandone le difese contro l’aggressione unipolare, ed è questa la ragione per la quale gli USA sanno di avere un tempo limitato entro cui mettere in atto i propri piani nella regione. E’ questa la ragione per cui gli USA premono per la guerra contro la Siria, e contemporaneamente l’Arabia Saudita ha intensificato il suo impegno nella guerra in Yemen.

Ma questa alleanza tra USA e Turchia potrebbe essere solo il loro ultimo disperato tentativo di seguire la linea politica del regime change prescritta dal Brooking Institite (e brillantemente decodificata  da Tony Cartalucci) prima che la diplomazia russa li metta fuori gioco. Ghassan Kadi ha tradotto e analizzato un  eccezionale servizio giornalistico  finora trascurato dalla stampa mainstream, secondo cui la Russia avrebbe utilizzato le sue recenti entrature con l’Arabia Saudita per mediare un accordo tra il responsabile degli Interni siriano e il Ministro della Difesa saudita. 

Ovviamente i Sauditi si stanno rendendo conto che i loro piani Wahabiti in Siria stanno avendo un effetto controproducente e che ci sono preoccupazioni di “sicurezza” più pressanti a cui dare priorità, come la situazione in Yemen, che è la ragione per cui stanno adesso sondando una via per tirarsi fuori dal fiasco che essi stessi hanno contribuito a creare. Le lancette dell’orologio vanno avanti, e USA e Turchia sanno di dover agire velocemente in Siria prima che un patto russo-saudita/siriano-saudita li escluda dal teatro di guerra, e il prossimo sostegno finanziario dell’Iran consenta alla Siria di sbarazzarsi definitivamente dei  fautori del regime change.

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Articolo di Andrew Korybko apparso su Sputniknews.com il 03/08/2015
Traduzione in italiano a cura di Mario B. per Sakeritalia.it