giovedì 29 ottobre 2015

Bombe e sanzioni, scuola di diplomazia all'americana


Gli USA hanno completamente disimparato a fare diplomazia. Ormai il principale strumento di politica estera degli USA sono le minacce: sanzioni, oppure l'uso della forza (militare). Quando si butta dentro l'ennesimo conflitto militare Washington non pensa mai a cosa succederà una volta che saranno finite le ostilità.

Di tutto questo si occupa sulle pagine della rivista "Russia in global politics"  l'ex diplomatico e generale del Pentagono Chaz Freeman, con l'articolo "Diplomazia — un'arte perduta?". Vi proponiamo alcune delle sue tesi:

L'essenza della diplomazia è la ricerca di un fondamento comune attraverso l'ascolto di quello che dicono — e di quello che tacciono- i propri interlocutori, anche alla luce delle azioni che seguono le loro parole. La diplomazia permette ai paesi di promuovere i propri interessi e risolvere i problemi senza ricorrere all'uso della forza. Il fallimento di una missione diplomatica può significare la guerra.

La diplomazia è l'arte di costringere gli altri a giocare al vostro gioco, secondo le vostre regole. A giudicare dalla difficile situazione che si è venuta a creare dopo la fine della Guerra Fredda, gli USA capiscono poco di diplomazia ed ancora di meno dimostrano di possedere quest'arte.

 John Kerry e Sergey Lavrov a Vienna
John Kerry e Sergey Lavrov a Vienna - © AFP 2015/ Carlo Allegri

Dopo la caduta dell'URSS gli USA nella loro politica estera si sono basati quasi esclusivamente sulle sanzioni economiche, sulla forza e sul contenimento militare.
Gli americani non si pongono più il problema di conquistare il rispetto degli altri paesi attraverso il proprio esempio o esercitando un'opera "cortese" di convincimento. A Washington la minaccia di usare la forza militare viene considerato il primo e non l'ultimo mezzo di diplomazia internazionale.
Come già facevamo in passato, ancora oggi di fronte ad una situazione di conflitto, continuiamo a reagire ai comportamenti considerati ostili minacciando il ricorso alle armi e non cercando di ridurre le tensioni attraverso la via diplomatica. Per testimoniare la nostra insoddisfazione variamo sanzioni e poi ne misuriamo il successo a seconda di quanti dispiaceri e privazioni siamo riusciti a infliggere al nemico grazie a loro e non valutando in quale misura esse abbiano favorito un cambio di atteggiamento del nemico stesso.

Sotto molti punti di vista le sanzioni si rivoltano contro di noi come un boomerang. Spesso esse stimolano gli sforzi di questi paesi a rendersi autosufficienti e favoriscono un boom artificiale di alcuni settori della loro economia. Le sanzioni danneggiano alcuni gruppi all'interno degli USA e fanno comodo ad altri. Le conseguenze fatali delle sanzioni vengono ulteriormente peggiorate dall'abitudine degli americani di unirle all'ostracismo diplomatico.
Gli Stati Uniti sono l'unica grande potenza a non aver affidato la diplomazia a dei veri professionisti. Negli altri paesi sviluppati lavorano come diplomatici persone che hanno dalla loro il possesso di conoscenze e metodi specifichi, una ricca esperienza di lavoro nella sfera delle relazioni internazionali e che aggiornano continuamente la loro qualifica.
Gli americani, al contrario, ritengono che l'elaborazione e l'esecuzione della linea di politica estera siano compiti da affidare preferibilmente a sognatori e teoreti che si fanno pubblicità da soli, ma sono privi di conoscenze specifiche, pratica ed esperienza. Dopo la fine della Guerra Fredda è notevolmente aumentata la quantità di dirigenti di basso rango, insediatisi al loro posto per motivi unicamente politici.

Pentagono contro Call of Duty
Pentagono contro Call of Duty - © Sputnik. Vitaly Podvitsky

Entriamo in un'epoca di turbolenza strategica, dove non esistono linee di difesa nitide che vanno mantenute ad oltranza, come nello stile della Guerra Fredda. La nostra leadership viene intesa in maniera sempre più scettica da parte del resto del mondo, dove aumentano le sfide alle quali non si può dare una risposta militare.

E' giunta l'ora di riscoprire la diplomazia profonda, gli strumenti non violenti di gestione di un paese per convincere gli altri che possono ottenere un beneficio lavorando con noi e non contro di noi.


Articolo originariamente pubblicato sul sito "What they say about USA"

 

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