martedì 20 ottobre 2015

Fine dei giochi in Ucraina


Al momento della negoziazione dell’accordo di Minsk nel mese di febbraio abbiamo detto che la parte internazionale della crisi ucraina sembrava avere passato il suo picco.

Le nostre precise parole sono state:
“Il conflitto in Ucraina continuerà per lungo tempo, probabilmente fino a quando cadrà il governo attualmente al potere a Kiev, cosa che sicuramente accadrà, prima o poi.
Tuttavia, in quanto crisi nelle relazioni internazionali, a seguito dei colloqui a Mosca e a Minsk, sembra che il suo picco sia passato”.
Che fosse così, era diventato più chiaro a maggio, quando i russi hanno rivelato che gli europei erano pronti a discutere modifiche all’accordo di associazione dell’Ucraina con l’Unione Europea, accordo che aveva causato la crisi originaria.

Ciò che abbiamo detto nei primi mesi dell’anno, ora è divenuto consenso generale.

È ormai ampiamente riconosciuto, dopo l’ultima riunione dei quattro del Gruppo Normandia a Parigi, che la crisi ucraina è agli sgoccioli.

Prima di discuterne in dettaglio, è necessario correggere un falso resoconto dei recenti avvenimenti, diffuso da alcuni media occidentali.

Secondo questo resoconto “Putin” si è “stancato della sua avventura ucraina”, e sta terminando il conflitto, mentre cerca il modo di districarsi dal “pantano ucraino”.

Secondo alcuni commenti surriscaldati, l’intervento militare della Russia in Siria è parte di un astuto piano di “Putin” per “distogliere l’attenzione” dall’Ucraina e uscire dalla sua “condizione di paria”.

Questo è un totale rovesciamento della realtà. I russi hanno sempre cercato una soluzione negoziata del conflitto ucraino.

Hanno fatto pressioni per questa soluzione nelle trattative con gli Stati Uniti nella primavera del 2014, subito dopo il colpo di stato di Maidan, ottenendo un apparente accordo degli Stati Uniti sotto forma della dichiarazione di Ginevra il 17 aprile 2014.

Hanno fatto pressioni per questa soluzione nelle discussioni con Angela Merkel che hanno avuto inizio con la prima riunione dei quattro del Gruppo Normandia nel mese di giugno 2014, che ha portato alla costituzione del Gruppo di contatto e alla Dichiarazione di Berlino del 3 luglio 2014, che chiedeva un cessate il fuoco incondizionato.

Hanno dettato i termini del protocollo di Minsk del settembre 2014, che ha portato la fine del primo ciclo di combattimenti, e che ha definito un percorso per un accordo di pace.

Hanno anche dettato i termini dell’accordo di Minsk del febbraio 2014, che ora tutti fanno finta di avere seguito.

Sono gli ucraini che – istigati dai loro sostenitori occidentali – hanno ripetutamente cercato la guerra.

Ignorando la Dichiarazione di Ginevra dell’aprile 2014, in primo luogo hanno cercato di schiacciare la resistenza con quella che hanno chiamato “operazione antiterrorismo”. Quando questa è fallita, hanno raddoppiato gli sforzi, lanciando il 30 giugno 2014 un’offensiva militare su vasta scala, che si è conclusa in un disastro.

Hanno poi rinnegato i termini del protocollo di Minsk, e hanno lanciato un’altra offensiva nel gennaio 2015. 

Quando anche quella si è conclusa in un disastro hanno concordato – sotto la pressione della Merkel – l’accordo che è stato raggiunto a Minsk a febbraio 2015.

E così gli europei, invece di agire come forza di controllo in tutto questo, si sono schierati palesemente, sostenendo fino in fondo gli ucraini, anche se questi ultimi hanno più volte rinnegato le promesse che avevano fatto.

Nel luglio del 2014, poco dopo che gli ucraini avevano iniziato la loro offensiva, gli europei – con la tragedia dell’MH17 come copertura – hanno imposto sanzioni settoriali sulla Russia. Nel settembre del 2014, dopo che è stato concordato il protocollo di Minsk, hanno inasprito ancor di più le sanzioni. Nel giugno 2015, nonostante gli ucraini avessero rinnegato l’accordo di Minsk, hanno esteso le sanzioni fino alla fine dell’anno.

Alla luce di questo, dire che sono i russi a “terminare la loro aggressione” in Ucraina per districarsi da un “pantano”, non è semplicemente falso; è assurdo.

Patrick Armstrong, uno dei più perspicaci commentatori di affari russi, aveva previsto all’inizio della crisi ucraina che (1) l’Ucraina come esisteva nell’estate del 2013 è finita per sempre; e (2) quando il fallimento della loro avventura in Ucraina sarebbe divenuto chiaro, i governi occidentali avrebbero dichiarato vittoria e si sarebbero ritirati.

Ha dimostrato di avere ragione su entrambi i fronti.

Che cosa è accaduto dunque a Parigi una settimana fa?

Il punto di partenza è l’accordo che è stato raggiunto a Minsk nel mese di febbraio.

Tale accordo richiedeva negoziati diretti tra le due parti per emendare la costituzione ucraina, in modo da fornire un ampio grado di autonomia alla popolazione del Donbass. Nel frattempo, fino a quando fossero stati concordati i cambiamenti costituzionali, le due parti avrebbero dovuto concordare una legge provvisoria per concedere uno statuto speciale ai territori delle due repubbliche popolari. Un allegato all’accordo di Minsk definiva i requisiti minimi che dovevano essere soddisfatti da tale legge.

Gli ucraini hanno rinnegato questo accordo.

Si sono rifiutati di negoziare direttamente con i leader delle due repubbliche popolari. Non si sono accordati su una legge che concedesse uno statuto speciale ai territori delle due repubbliche popolari, e non hanno discusso con loro le modifiche costituzionali.

Invece hanno cercato unilateralmente di mettere in atto proposte che di fatto aumentavano, piuttosto che ridurre, il controllo della presidenza ucraina sulle regioni.

Nei discorsi pubblici Poroshenko è andato ancora più in là, dicendo che intendeva rimuovere tutti i riferimenti a uno “statuto speciale” dalla costituzione ucraina, abolendo uno status giuridico che a Minsk nel mese di febbraio aveva accettato di concedere ai territori delle due repubbliche popolari.

Allo stesso tempo, gli ucraini continuano a chiamare “terroristi” i leader delle repubbliche popolari, e hanno rifiutato di promulgare una legge di amnistia, cosa che pure avevano accettato di fare.

Anche se l’accordo di Minsk prevede il disarmo delle varie milizie volontarie che hanno proliferato in Ucraina dal Colpo di Stato di Maidan (salvo per una forza di sicurezza che sarebbe stata concessa nelle due repubbliche popolari), non è stato fatto alcun tentativo di farlo.

Un piccolo gruppo di miliziani, la cosiddetta forza “Tornado”, è stato disperso – a quanto pare a causa di un litigio intra-oligarchico tra fazioni.

Agli altri gruppi è stato semplicemente dato uno status ufficiale per essere formalmente incorporati nelle strutture di sicurezza dell’Ucraina o – come nel caso di Settore Destro – sono stati lasciati liberi di scatenarsi come prima.

Invece di mettere in pratica le disposizioni dell’accordo di Minsk, come era tenuto a fare, il governo ucraino ha utilizzato la pausa nei combattimenti per ricostruire il suo esercito attraverso ripetute chiamate di leva. All’inizio del mese di agosto ha affermato di avere 90.000 uomini sotto le armi.

Tutte le indicazioni indicavano un’offensiva ucraina imminente all’inizio di agosto.

Le armi pesanti che avrebbero dovuto essere ritirate sono state riportate in prima linea. Il bombardamento del Donbass ha ripreso in spirito di vendetta (non era mai cessato completamente). Sono stati lanciati attacchi di sondaggio sulle posizioni della milizia.

Poroshenko nel frattempo ha fatto discorsi sempre più belligeranti – tra cui uno che parlava di guerra senza fine.

Alla fine, l’offensiva ucraina non è mai avvenuta.

Le ragioni sono due.

In primo luogo, la milizia – che è cresciuta in modo significativo in forza e organizzazione – non ha avuto difficoltà a respingere gli attacchi ucraini.

In secondo luogo – e per la prima volta nel conflitto – Merkel ha agito con decisione per impedirla.


Data la misura in cui l’Ucraina dipende dal sostegno europeo, Poroshenko non ha avuto altra scelta che acconsentire.

Il risultato è stato il periodo più tranquillo che Donbass ha conosciuto fin dall’inizio del conflitto nell’aprile del 2014. Anche se avvengono ancora scontri sporadici, i bombardamenti in gran parte sono cessati, e per la prima volta è possibile parlare di un vero e proprio cessate il fuoco.

È importante dire che il motivo per cui Merkel si è adoperata nel mese di agosto per evitare che l’offensiva ucraina avesse luogo, non è perché si sia improvvisamente convertita alla causa del Donbass.

È perché Merkel sa che un’altra offensiva ucraina si tradurrà in un’altra sconfitta ucraina.

Questo potrebbe mettere l’intera esistenza dello Stato ucraino in pericolo, e portare a richieste di una maggiore escalation da parte dei suoi sostenitori occidentali.

Con la sua politica di sanzioni visibilmente fallimentare, e l’opinione pubblica tedesca fortemente contrapposta a richieste di un’ulteriore escalation, questa è una situazione che Merkel vuole evitare a tutti i costi.

Per quanto riguarda gli ucraini, se la loro scommessa era che la prospettiva di una sconfitta avrebbe rafforzato il sostegno occidentale al punto di consegnare loro la vittoria, allora hanno fatto male i calcoli e hanno perso.

La prova è stata ciò che è accaduto dopo.

Sia in occasione del vertice in agosto che nella riunione dei quattro del Gruppo Normandia a Parigi, gli europei hanno chiarito che Kiev deve aderire all’accordo di Minsk e rispettare rigorosamente i termini.

I suggerimenti ucraini che l’accordo di Minsk fosse abbandonato e sostituito da un nuovo accordo che rifletta le loro posizioni sono stati fermamente respinti.

Invece i termini ultimi per lo svolgimento delle condizioni dell’accordo di Minsk sono stati estesi al 2016, e agli ucraini è stato detto che questa volta devono aderirvi, con un calendario per la loro attuazione redatto dai francesi, che porterebbe alle elezioni nelle repubbliche popolari nel marzo 2016 in base a una legge che concede a DPR e LDR uno statuto speciale, come originariamente previsto nell’accordo concordato nel febbraio 2015 a Minsk.

Sinistramente per gli ucraini, nei commenti fatti dopo la riunione di Parigi e indubbiamente concordati preventivamente con la Merkel, Hollande ha ripetutamente utilizzato le parole “statuto speciale” – lo statuto che Poroshenko dice di voler abolire.

I rapporti delle discussioni private tra Putin e Merkel a Parigi dicono che Merkel ha convenuto che la Crimea è e rimarrà russa, e che l’argomento principale non era affatto l’Ucraina, ma la Siria.

FRANCE-RUSSIA-UKRAINE-GERMANY-SUMMITLa dinamica dei negoziati di Parigi è dimostrata chiaramente nelle fotografie della riunione plenaria.

Queste mostrano Putin seduto al tavolo direttamente di fronte a Merkel, affiancato da Lavrov alla sua destra e alla sua sinistra Hollande – quasi come se Hollande facesse parte del team negoziale di Putin.

Poroshenko è seduto di fronte a Hollande, a destra di Merkel, con il ministro degli Esteri tedesco Steinmeier seduto alla sinistra di Merkel.

È come se Poroshenko fosse stato relegato a un ruolo nel team negoziale di Merkel, anche se è il destino del suo Paese ad essere in discussione.

A coloro che dicono che io sto leggendo troppe cose in questi posti a sedere, la risposta breve è che nelle trattative diplomatiche la sistemazione dei posti a sedere è estremamente importante, ed è sempre concordata (a volte dopo lunghe discussioni) in anticipo.

Se Poroshenko fosse stato destinato ad avere pari dignità degli altri tre, sarebbe stato usato un tavolo rotondo o ovale, come è accaduto in precedenza e com’è stato utilizzato nelle sessioni non plenarie meno formali, oppure Poroshenko sarebbe stato posizionato proprio di fronte a Putin, cosa che sarebbe logica, dal momento che questo dovrebbe essere un conflitto ucraino-russo ed è il destino dell’Ucraina – il Paese guidato da Poroshenko – che è in discussione.

In tutte le fotografie Poroshenko sembra infelice e distratto – com’era anche in occasione della sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite tenutasi poco prima a New York.

L’aspetto cupo di Poroshenko ha portato ad alcune storie dispettose sulla stampa russa, che ha scritto che gli era stato impedito di imbarcarsi su un aereo per Mosca, perché era ubriaco fradicio. Questo non è certamente vero.

I russi hanno dunque fatto qualche concessione?

Sono stati d’accordo a cancellare le elezioni locali che le due repubbliche popolari avevano indetto per la fine di ottobre e l’inizio di novembre.

Queste elezioni erano state indette a causa del fallimento dell’Ucraina a concordare una legge sullo statuto speciale come concordato nell’accordo di Minsk. Questa legge doveva essere seguita da elezioni, le cui condizioni dovevano essere indicate nella legge.

Dal momento che gli ucraini non hanno negoziato o concordato i termini della legge – come l’accordo di Minsk richiedeva loro di fare – i leader delle due repubbliche popolari hanno detto che sarebbero andati avanti con le elezioni da soli.

Queste elezioni sono state indette dalle repubbliche popolari in accordo con Mosca per mettere sotto pressione gli europei.

Agli europei di fatto è stato detto che se gli ucraini non avessero rispettato i termini dell’accordo di Minsk e non avessero concordato con i leader delle repubbliche popolari una legge per lo statuto speciale dei territori delle loro repubbliche, allora le repubbliche popolari sarebbero andate per le loro strada, tenendo elezioni senza fare riferimento a Kiev, e avviando il processo di secessione dall’Ucraina e di unione con la Russia.

Sono circolate storie di un referendum in programma nelle repubbliche popolari, sulle linee di quello in Crimea per la secessione dall’Ucraina e l’unione con la Russia, che hanno raggiunto il loro scopo.

Dal momento che questo è per gli europei lo scenario da incubo, che non solo riaccenderebbe l’aspetto internazionale della crisi – che sono disperati per far finire – ma che denuncerebbe anche nel modo più umiliante il totale fallimento della loro politica di sanzioni, hanno risposto accumulando pressioni su Poroshenko per tornare a quanto concordato a Minsk.

Il risultato è che agli ucraini non solo è stato detto di fare quello che hanno promesso di fare nel mese di febbraio a Minsk, ma il fallimento precedente è stato attribuito a loro.

Accettare di rinviare le elezioni nel Donbass per i russi non è stata affatto una concessione a tutti. Si è trattato di un gioco diplomatico che ha funzionato.

Mentre gli europei si sono mossi per chiudere l’aspetto internazionale della crisi ucraina, stanno anche prendendo provvedimenti per migliorare le loro relazioni con la Russia.

Che sia così è reso evidente dai passi che gli europei hanno intrapreso per risolvere le due questioni fondamentali per la Russia: sanzioni e forniture di gas.

A causa della crisi delle esportazioni tedesche – in particolare prodotti di ingegneria – la comunità imprenditoriale tedesca ha sempre segnalato il suo desiderio di veder finire le sanzioni.

L’appello è stato accolto da niente di meno che il ministro dell’Economia tedesco e vice cancelliere, Sigmar Gabriel, che è anche il leader del SDP, e che ha senza dubbio l’ambizione di diventare un giorno cancelliere.

Il sostegno alle sanzioni in Europa si sta sciogliendo. In Francia sono profondamente impopolari tra la potente lobby agricola, mentre il governo francese da parte sua ha trovato una soluzione elegante per la débacle delle Mistral pagando ai russi un rimborso e vendendo le navi con l’accordo della Russia all’Egitto alleato della Russia.

Per quanto riguarda il conflitto del gas, gli sviluppi recenti sono stati ancor più interessanti.

La minaccia che la Russia possa orientare sempre più le sue forniture di gas lontano dall’Europa ha provocato costernazione in Germania, la cui industria fa affidamento sul gas russo.

Il risultato sono stati negoziati per l’annuncio del gasdotto North Stream 2, che essenzialmente sostituisce South Stream, e riduce l’interesse della Russia nel Turk Stream, che è quindi in fase di ridimensionamento.

Va da sé che North Stream 2 avrebbe potuto essere concordato solo con l’approvazione del governo tedesco. Include uno scambio di beni con cui Gazprom ha finalmente raggiunto la sua ambizione di acquisire significative proprietà di gasdotti all’interno della rete europea – cosa a cui gli europei in precedenza avevano resistito.

Nel frattempo, al fine di garantire il proprio approvvigionamento attraverso l’Ucraina quest’inverno, gli europei hanno concordato di fare qualcosa a cui avevano sempre resistito in precedenza, vale a dire l’accordo a pagare alla Russia il gas per l’Ucraina.

Era sembrato che gli europei accettassero tali condizioni lo scorso inverno, con discorsi di una lettera inviata agli ucraini per garantire che gli europei avrebbero pagato per le loro importazioni di gas dalla Russia.

Alla fine la lettera non si è mai materializzata, e gli ucraini sono stati lasciati a pagare il gas e a cancellare i loro arretrati verso la Russia da soli. Questo ha quasi esaurito le loro riserve di valuta estera, provocando un crollo della loro moneta, portando a controlli sui capitali, che sono ancora in vigore.

Questa volta gli europei hanno fornito ai russi un protocollo formale, accettando di pagare ai russi 500 milioni di dollari per il gas che questi forniranno all’Ucraina, eliminando qualsiasi incentivo per l’Ucraina a dirottare il gas destinato all’Europa.

Questo quasi certamente non sarà sufficiente, ma stabilisce un principio importante, e significa che gli europei e i russi stanno ora negoziando direttamente gli uni con gli altri sulle forniture di gas, con gli ucraini ancora una volta relegati a un ruolo secondario.

Sono altresì in corso negoziati per risolvere il caso antitrust che la Commissione europea ha proposto contro Gazprom.

Il Financial Times ha cercato di presentare queste mosse per risolvere i vari conflitti sul gas come concessioni da parte della Russia e di Gazprom per salvare la propria posizione nel mercato europeo del gas (come per esempio: “Gazprom cerca la pace dopo una lunga battaglia con Bruxelles“).

Ancora una volta, questo è un totale rovesciamento della realtà..

L’accordo della Germania sul North Stream 2, che aumenta la dipendenza dell’Europa dal gas russo, è una vittoria per la Russia, non una sconfitta.

Fa avvicinare il ​​giorno in cui l’Ucraina perderà definitivamente la sua posizione di stato di transito del gas, un fatto di cui gli ucraini sono pienamente consapevoli, come dimostra il modo in cui hanno denunciato con rabbia North Stream 2 come un “tradimento”.

La proposta che gli europei paghino i costi per il gas dell’Ucraina è stata fatta più volte dai russi fin dalla prima guerra russo-ucraina del gas nel 2006. Sono gli europei che vi hanno fatto resistenza.

Non ci sono prove che i russi abbiano fatto concessioni sostanziali in cambio.

È importante sottolineare che il Financial Times ha omesso di menzionare la più grande singola concessione che gli europei hanno fatto: il loro accordo a pagare ai russi i costi del gas dell’Ucraina.

Per quanto riguarda il problema in cui il Financial Times sostiene che Gazprom stia facendo concessioni – la sua presunta “insistenza dogmatica” nel collegare i prezzi del gas a quelli del petrolio – il collegamento è fatto dal mercato, non da Gazprom, a causa del peso del prezzo del petrolio nel determinare la prezzo dei prodotti energetici come il gas, e niente di ciò che la Commissione europea o Gazprom fingono di concordare l’una con l’altra cambierà tale collegamento. La realtà comunque è che è improbabile che Gazprom abbia effettivamente fatto concessioni importanti su questo tema.

Qui, ancora una volta vediamo un altro esempio di come la previsione di Patrick Armstrong si stia avverando: l’Occidente batte in ritirata, proprio nello stesso tempo in cui i suoi media dichiarano vittoria.

Non è tutto rose e fiori. Gli ucraini hanno distrutto con successo il tentativo europeo e russo di rinegoziare l’accordo di associazione.

Lo hanno fatto imponendo un enorme numero di sanzioni contro le imprese russe, essenzialmente chiudendo l’Ucraina alle compagnie russe, e terminando i legami commerciali tra i due Paesi.

Che lo scopo delle sanzioni ucraine fosse quello di uccidere la rinegoziazione dell’accordo di associazione è stato sottolineato dal ministro russo dell’Economia Ulyukaev, anche se è un dato di fatto che sia passato inosservato.

La risposta di un cinico è che, poiché gli europei non sono più interessati all’Ucraina, non si preoccupano più di aiutare l’economia dell’Ucraina preservando il suo accesso al mercato russo, mentre i russi hanno realizzato da qualche tempo che conservare i loro rapporti commerciali con l’Ucraina è impossibile fintanto che l’attuale governo rimane al potere.

Dal momento che entrambe le parti stanno lavorando per rimuovere l’Ucraina come questione di contesa tra loro, con gli europei che abbandonano il loro gioco geopolitico di annettere l’Ucraina all’Occidente, l’accordo di associazione ha perso la sua rilevanza, e il popolo ucraino una volta di più è stato lasciato a pagarne il prezzo, mentre l’economia del loro Paese perde la sua posizione privilegiata nel mercato russo.

Forse non è un caso che, appena è successo questo, le agenzie di rating del credito, nonostante il recente accordo di ristrutturazione del debito, hanno declassato l’Ucraina a uno stato di default tecnico, chiudendole di fatto l’accesso ai mercati dei capitali.

Mentre si adottano misure per riportare un equilibrio nelle relazioni dell’Europa con la Russia, le dichiarazioni che chiedono un riavvicinamento provengono da entrambi i lati.

La prima è stato la richiesta di revoca delle sanzioni da parte del vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel.

Questa è stata seguita da un appello dall’ex presidente sovietico Gorbaciov – fatto quasi certamente con l’accordo del governo russo – a un’alleanza russo-tedesca. Le autorità russe sanno che Gorbaciov è ancora popolare in Germania, e a volte lo usano per fare tali appelli.

L’appello più chiaro di tutti è venuto però da una parte inaspettata, dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Il 9 ottobre 2015 diceva:
“Dobbiamo fare sforzi per un rapporto pratico con la Russia. Non è sexy ma deve essere così, non possiamo andare avanti in questo modo… La Russia deve essere trattata decentemente …Non possiamo lasciare che il nostro rapporto con la Russia sia dettato da Washington”.
Non solo è un invito ad un riavvicinamento con la Russia. È la critica più forte e più pubblica della politica anti-russa di Washington fatta da un alto funzionario europeo fino a oggi.

In sintesi, i segni che l’aspetto internazionale della crisi ucraina stia terminando – che ancora in primavera sembravano appena un abbozzo – ora sono inconfondibili.

Ora ci vorrebbe un enorme sforzo da parte dei falchi di Washington per ribaltare tutto questo, e così facendo si rischierebbe una grave crisi nelle relazioni tra Europa e Stati Uniti.

Un ulteriore disgelo nelle relazioni, e una probabile revoca delle sanzioni a un certo punto nei prossimi mesi, ora sembra una certezza virtuale.

In cambio i russi non hanno concesso nulla, e sembrano destinati a raggiungere i loro obiettivi in ​​Ucraina: autonomia per la popolazione del Donbass insieme con l’esclusione dell’Ucraina da NATO e UE.

Nel dire questo tuttavia è importante ribadire un punto che abbiamo spiegato prima.

La fine dell’aspetto internazionale della crisi in Ucraina non significa la fine della crisi in Ucraina.

Lì le cose continuano ad andare di male in peggio.

La situazione economica continua a peggiorare, con il FMI che ha degradato le sue previsioni per l’Ucraina, e ha predetto per quest’anno una recessione ancora peggiore di quanto non avesse previsto prima.

Rimane una certezza virtuale che l’Ucraina andrà in default in dicembre sul suo debito di 3 miliardi di dollari con la Russia.

Non ci sono prove – e nessuna possibilità – che i sostenitori della linea dura del movimento di Maidan possano mai riconciliarsi con l’accordo di Minsk, o che siano d’accordo a concedere ai territori delle due repubbliche popolari il tipo di autonomia che prevede l’accordo di Minsk.

La popolarità del governo continua a precipitare, e lo scontro con Settore Destro mostra la sua presa incerta sulla situazione interna.

Se l’aspetto internazionale della crisi ucraina sta volgendo al termine, la crisi interna è appena iniziata.

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Articolo di Alexander Mercouris pubblicato su Russia Insider il 12 Ottobre 2015.

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