mercoledì 25 novembre 2015

Il clima uccide la libertà?


Nell’ottobre del 2003, negli Stati Uniti, fece clamore la pubblicazione di un rap­porto di due ricer­ca­tori, Peter Sch­wartz e Doug Ran­dall, dal titolo «Uno sce­na­rio di bru­schi cam­bia­menti cli­ma­tici e le sue impli­ca­zioni per la sicu­rezza degli Stati Uniti — Imma­gi­nando l’impensabile».  

Questo rapporto che doveva restare segreto, commissionato da Andrew Marshall, un dirigente d el Pentagono, era finito nelle mani dell’Observer. LEGGI QUI 

Dopo questo rapporto ne sono seguiti altri, uno del 2007 era del Center for Strategic and International Studies (CSIS) di Washington sullo stato della sicurezza del mondo in scenari climatici futuri. Maurizio Ricci su La Repubblica ne offre una sintesi (1).

‘Il clima uccide la libertà’ è la sfida del nuovo secolo

Archivio La Repubblica.it  21.1.2008
Inondazioni, epidemie, siccità, carestie. Il catalogo degli orrori che l’effetto serra può riservare al pianeta nei prossimi decenni è lungo, circostanziato e, ormai, largamente noto. Ma cosa succederà di noi, della nostra società, attraverso i disastri e le convulsioni.

Il lavoro degli storici, dei sociologi, degli economisti è anche più difficile di quello degli scienziati nell’elaborare previsioni. Ma ne viene fuori che i rischi sono altrettanto tremendi. Un mondo soffocato e sconvolto dall’effetto serra sarà meno illuminato, tollerante, liberale. Rassegnato ad una lotta per la sopravvivenza, in cui i singoli governi saranno costretti a scelte durissime, spesso impossibili. «La fine della civiltà, come la conosciamo» nelle parole disperate di uno scienziato. Il caos, anche in uno scenario che non è il più pessimista, potrebbe inghiottire la globalizzazione e fare implodere organizzazioni come le Nazioni Unite. 

Sullo sfondo, lo spettro della guerra atomica per il controllo delle risorse. Limitata, certo. Ma, con gli arsenali di oggi, bastano i missili caricati su un solo sommergibile per distruggere un paese. E’ questo il XXI secolo che ci aspetta? Forse no, ma il quadro disegnato è «plausibile», verosimile, secondo un recente rapporto, che prova ad individuare le implicazioni dell’ effetto serra sulla politica estera e la sicurezza nazionale. 

Sponsorizzato dal Center for Strategic and International Studies di Washington, uno dei più autorevoli think tanks americani, si intitola «L’era delle conseguenze» ed è stato preparato da un gruppo di lavoro a cui partecipavano, fra gli altri, John Podesta, ex braccio destro di Clinton alla Casa Bianca e James Woolsey, ex capo della Cia. Il rapporto segue tre scenari, nel ventaglio fra le proiezioni più ottimistiche e più pessimistiche avanzate dal panel di scienziati dell’ Onu sugli sviluppi dell’effetto serra. In quello intermedio, la temperatura aumenta, nei prossimi 30 anni, di 2,6 gradi e il livello dei mari si alza di circa mezzo metro. 

L’effetto complessivo è quello della scarsità d’acqua e del declino dell’agricoltura nelle fertili regioni dei delta, come nelle regioni aride, impossibili da irrigare. Sotto il profilo economico-sociale, ciò che più conta, sottolinea il rapporto, è che questi mutamenti non avvengono gradualmente, ma attraverso bruschi e improvvisi peggioramenti, alternati a periodi di stabilità: l’accumularsi di una catena di crisi sempre più gravi, che rendono sempre più difficile, anche in questo scenario intermedio, una risposta organizzata, fino a mettere a rischio le strutture economiche, politiche, anche giuridiche della società. 

EUROPA.
L’Europa rischia di disintegrarsi e, anche, di perdere l’anima faticosamente costruita nell’ultimo mezzo secolo. L’innalzamento del livello del mare minaccerà praticamente ogni porto del continente, con un costo economico probabilmente superiore alle risorse economiche e politiche dell’Unione europea. Ma la vera croce sarà la questione olandese. A quale prezzo e con le risorse di chi, ridisegnare un paese, centrale nella cultura europea, che si trova in buona parte sotto il livello del mare e rischia ogni giorno che le onde superino le sue dighe? Decisivo per il futuro dell’ Europa sarà, tuttavia, quello che avviene al di fuori dei suoi confini, in particolare nel Nord Africa, dove l’effetto serra desertificherà le zone aride e inonderà quelle fertili lungo le coste. 

Il rapporto prevede ondate di emigrazione sempre più massicce, che diventerà impossibile frenare, se non con un vero e proprio blocco. La richiesta generalizzata di azioni efficaci per fermare la marea può travolgere i tradizionali concetti liberali di apertura e tolleranza. Gli sforzi per integrare le comunità mussulmane collasseranno e faranno posto ad un’aspra divisione. Il rapporto evoca qui ombre sinistre. E’ verosimile, infatti, che il disordine civile possa portare alla sospensione dei normali diritti civili e legali. «I precedenti per trattare il problema di vaste, sgradite minoranze sono già stati posti, nel continente, dal fascismo e dal comunismo. In condizioni di alto livello di confusione civile e di paura, emergeranno movimenti e leader politici che potrebbero non resistere a queste soluzioni». 

STATI UNITI.
Anche la stessa coesione degli Usa, secondo il rapporto, è a rischio. L’effetto serra avrà un impatto pesantissimo sull’ approvvigionamento idrico della costa occidentale, dove già il problema acqua è acuto. La diminuzione delle piogge e il rarefarsi delle nevi nei ghiacciai che alimentano i fiumi mineranno le fondamenta dell’economia della West Coast, mentre precipiteranno nella crisi l’agricoltura delle regioni aride del Middle West, legate all’irrigazione. Ma, in generale, saranno direttamente minacciate dall’ innalzarsi del mare tutte i grandi centri costieri, Golfo del Messico in testa. Il rapporto prevede che inizialmente si tenterà di reagire con gigantesche infrastrutture a protezione delle coste e delle grandi città minacciate: Boston, New York, Washington, Miami, New Orleans, Houston, Los Angeles, San Francisco e Seattle sono tutte, di fatto, sul mare. 

Ma questi sforzi appariranno via via vani e non ci sarà altra strada che quella della ritirata, con l’abbandono delle aree più esposte. Il tentativo di reagire all’effetto serra, nota il rapporto, può travolgere le strutture e le risorse federali: i singoli Stati impareranno sempre più a fare da soli, spesso in competizione fra loro. Mentre gli Usa si troveranno sempre più isolati. A Sud, verso il Messico da cui proverranno ondate di immigranti. Verso il Nord, dove la crisi idrica creerà conflitti con il Canada sull’utilizzo del bacino dei Grandi Laghi. 

AMERICA LATINA.
E’ probabile che l’effetto serra suoni la campana a morto per i governi democratici latinoamericani. In un continente sempre più impoverito, il rapporto prevede il proliferare di populisti alla Chavez, ma anche l’abbandono di intere regioni ai cartelli della droga o semplicemente all’anarchia, come già oggi in Colombia. 

MEDIO ORIENTE.
Focolai di conflitto già esistono oggi fra Israele, Giordania (e Palestina) per le acque del Giordano e fra Turchia, Siria e Iraq per quelle del Tigri e dell’Eufrate. Ma lo sviluppo più inquietante potrebbe essere il diffondersi dell’energia nucleare, nei paesi del Golfo, per desalinizzare l’acqua. Un passo che potrebbe facilmente portare alla proliferazione di armi atomiche per difendersi dai vicini in un mondo sempre più ostile.

INDIA.
Il subcontinente indiano è l’altra regione in cui il pericolo atomico è più acuto. L’innalzamento del mare creerà un’ondata di emigrazione dal Bangladesh verso l’India (il governo indiano sta già oggi costruendo un muro per fermarla). Ma i rischi maggiori sono dall’altra parte, nel bacino dell’Indo, le cui acque sono condivise da Bangladesh, Nepal e, soprattutto, India e Pakistan. Il riscaldamento globale creerà inizialmente inondazioni, ma, successivamente siccità e la necessità di spartire risorse sempre più scarse. 

India e Pakistan dispongono già oggi dell’atomica. In questo baratro di imbarbarimento potrebbe scomparire ogni capacità decisionale dell’Onu e inabissarsi la rete di integrazione dell’economia e della finanza mondiali. La stessa globalizzazione potrebbe diventare poco più che lo strapotere di poche multinazionali, assai meglio attrezzate dei deboli Stati-nazione a navigare nelle crisi, mentre, all’ interno dei singoli paesi, la spartizione delle risorse fra molti poveri e pochi ricchi potrebbe riesumare scampoli di lotta di classe. 

Sulla scia di rapporti precedenti (quello del Pentagono del 2004, quello di un gruppo di ex generali americani, un anno fa) lo studio del Csis spazza via ogni tentazione di considerare l’effetto serra un affare da ambientalisti. «Dai tempi della Guerra Fredda, il mondo non si trova ad affrontare un problema così complesso» ha detto recentemente un alto funzionario del Foreign Office britannico. Il rapporto del Csis è molto più brutale: «Potenzialmente – è la conclusione – è una delle minacce più gravi che questa, o qualsiasi altra generazione di politici, possa trovarsi ad affrontare».


MAURIZIO RICCI

FONTE http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/01/21/il-clima-uccide-la-liberta-la-sfida.html

(1) Rapporto originale 

Mentre ci si preoccupa del fatto che i cambiamenti climatici possano portare a tensioni, conflitti e distruzione, si tace sulla causa: è IN ATTO una guerra meteorologica e ambientale che mira a controllare il tempo, il clima, il Pianeta intero.


fonte: http://www.nogeoingegneria.com/timeline/storia-del-controllo-climatico/il-clima-uccide-la-liberta-e-la-sfida-del-nuovo-secolo/

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