venerdì 29 gennaio 2016

Cos’hanno imparato i leader russi dal collasso dell’URSS?

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La dichiarazione del Segretario del Consiglio di Sicurezza Nikolaj Patrushev sulle cause del crollo dell’URSS è di per sé molto eloquente. Dimostra che la leadership del Paese non solo individua correttamente le ragioni di quella catastrofe, ma ha la volontà politica di rispondere alle sfide interne ed estere. A tale proposito, la sua valutazione della situazione attuale in Ucraina è particolarmente indicativa. Durante l’era di Putin, Nikolaj Patrushev è stato uno dei principali leader del Paese. Inizialmente divenne successore di Putin a capo del FSB, ed occupa il posto di Segretario del Consiglio di sicurezza (SB) negli ultimi otto anni.

Negli ultimi quattro anni, l’SB in definitiva è divenuto la principale istituzione del governo collettivo della Russia. Ne fanno parte i vertici militari e della sicurezza e i ministri del blocco presidenziale, così come i vertici del Parlamento. L’SB si occupa di una vasta gamma di problemi. Ma a parte questo, Patrushev è uno dei quattro individui che decidono il corso del Paese sulla scena internazionale insieme a Putin, Sergej Ivanov e Sergej Lavrov. In occidente Patrushev è tradizionalmente raffigurato come un “falco”, ma è semplicemente un sobrio realista che non si fa illusioni sugli atlantisti che hanno portato il mondo sull’orlo della guerra sotto i nostri occhi. E non c’è divisione in “falchi” e “colombe” tra i quattro, proprio come non ci sono divergenze fondamentali riguardanti la situazione internazionale e gli obiettivi della Russia.

Ma dei quattro, Patrushev ha minore esposizione pubblica. Per via del carattere e della biografia, così come dell’attuale posizione, non viene distratto da cerimonie e discorsi rituali. Pertanto il principale modo per avene il punto di vista sul Paese e il Mondo sono le interviste. Ma Patrushev rimane molto attento nelle dichiarazioni e revisiona le interviste dopo averle fatte, eliminando tutto ciò che sia troppo rivelatore. Quindi ciò che viene pubblicato è tanto più importante, come ad esempio l’intervista alla Moskovskij Komsomolets.

La discussione post-intervista era incentrata sulle parole di Patrushev su come gli Stati Uniti, al fine di raggiungere il dominio globale, debbano indebolire la Russia per quanto possibile,
anche attraverso la disintegrazione della Federazione russa”. Patrushev ha detto che “Washington crede che, se necessario, potrà fungere da catalizzatore di tale processo”, che darebbe “agli Stati Uniti accesso alle enormi ricchezze naturali che, a loro avviso, la Russia non merita di avere“. 
Tale affermazione è importante in quanto definisce apertamente gli obiettivi dell’avversario strategico, ma non contiene nulla di veramente nuovo, perché Patrushev già fece dichiarazioni simili. Nell’era post-Crimea, tutti i membri del gruppo dirigente, da Putin a Lavrov, sono più aperti nel criticare le azioni degli Stati Uniti. Non perché hanno sanno qualcosa di nuovo sui piani di Washington, ma perché il rapporto con gli atlantisti è entrato nella fase del conflitto geopolitico diretto. Anche l’estremamente riservato Patrushev ha fatto affermazioni più nette, la guerra è guerra. Da sempre il Cremlino continua a sottolineare che non ha iniziato il confronto con gli Stati Uniti, e qui Patrushev ricorda ancora una volta che
gli Stati Uniti hanno avviato l’attuale conflitto. L’Europa, da parte sua, si sottomette alla loro volontà“, e “neutralizzando i membri della NATO troppo indipendenti (Francia, Germania e Italia), Washington abilmente utilizza l’orientamento anti-russo dei Paesi del fianco orientale della NATO“. 
In effetti, la pressione cominciò sulla Russia dal 2011, attraverso gli emirati delle “rivoluzioni colorate” e i preparativi per le elezioni presidenziali in Russia. Washington non voleva vedere il ritorno di Putin e cominciò totalmente ed apertamente ad interferire negli affari interni del nostro Paese. Dopo non esser riusciti a evitare la presidenza Putin, gli Stati Uniti passarono a rafforzare la politica del contenimento e “chiusura” della Russia, che alla fine portò al colpo di Stato in Ucraina. Riferendosi al conflitto in Ucraina, non solo Patrushev disse che
la comunità internazionale dovrebbe ringraziarci per la Crimea. Ma ringraziarci che in quella regione, a differenza del Donbas, non vi furono gravi perdite di vite“, 
ma fece anche la sua previsione sul futuro dell’Ucraina. Una delle due più importanti dichiarazioni in quell’intervista. Il Segretario dell’SB di fatto disse che se Kiev persisteva nel suo corso, l’Ucraina cesserà di esistere. Non era un ultimatum o una minaccia, ma semplicemente un dato di fatto. Ed anche una spiegazione di come il Cremlino valuti la situazione in Ucraina e della nostra strategia verso quello Stato.
Al momento attuale la leadership ucraina è composta da agenti statunitensi che attuano la volontà di forze estere che mirano ad allontanare l’Ucraina dalla Russia. Questo processo non ha futuro. Se non cambia, porterà al collasso totale dell’economia ucraina e alla disintegrazione dell’Ucraina“. “Inoltre, Federazione russa e Ucraina sono abitate da quella che è veramente una sola nazione, ancora divisa. L’Ucraina inevitabilmente sperimenterà un ripensamento di ciò che accade oggi. Infine si tornerà alle normali relazioni tra i nostri Paesi“.
No, Patrushev non disse nulla che suggerisse che il Cremlino presupponesse che i due Paesi inevitabilmente si riuniranno in futuro, e perché dire una cosa del genere in quel momento, quando le fiamme del conflitto ucraino e del conflitto tra Kiev-Mosca erano attivamente alimentate dall’interno e dall’estero? Perché dare a qualcuno motivo di accusare la Russia di espansionismo (riunificazione del popolo russo e del territorio russo non è affare di nessuno), quando il primo ordine del giorno era respingere l’attacco che permise agli atlantisti di prendere il controllo di Kiev, mentre allo stesso tempo gli consente di costruire un muro tra noi e l’Unione europea. Sì, Patrushev menzionò
siamo interessati a conservare l’Ucraina come Paese unificato e non siamo interessati alla sua frammentazione. Crediamo che gli accordi di Minsk debbano essere pienamente attuati. La questione è se Kiev è disposta a farlo“. 
Il che è del tutto vero, la Russia non vuole la frammentazione dell’Ucraina, perché porterebbe a maggior spargimento di sangue e a complicare. anche se non ad impedire, la futura riunificazione con la Russia. Ma per arrestare la disintegrazione ucraina già avviata, va respinta l’idea che “L’Ucraina non sia Russia, ma parte dell’Europa” (di orientamento atlantista e per di più anti-russa). Può l’attuale élite ucraina fare questo passo? No, quindi il tutto inasprisce lo scisma ucraino. Per ora il Donbas, sotto patrocinio e protezione russi, dovrà aspettare fino al momento in cui l’Ucraina sarà formata da Malorossija e Novorossija. Il riferimento alla “nazione ancora divisa” indica che Patrushev la vede come Putin, vi è un grande popolo russo di cui gli “ucraini” fanno parte, che sarà riunito.

Naturalmente non dirà come e quando, perché nessuno conosce il futuro, ma è fondamentale che la leadership della Russia lavori al presupposto dell’esistenza di un unico popolo russo e si sforza di riunirlo. Strategia e tattica del Cremlino erano e sono attuati per raggiungere tale obiettivo. Questa politica soffre di pubblicità eccessiva e avrà successo solo se le persone che la guidano non dubiteranno della sua correttezza e non avranno paura di decidere. Il tema della leadership responsabile sembra il tema della seconda dichiarazione importante di Patrushev in quell’intervista.

Rispondendo ad una domanda sull’aspettativa degli Stati Uniti secondo cui la Russia esaurirà le proprie risorse economiche e si arrenderà, Patrushev ha detto che siamo un Paese autosufficiente che può avere tutto ciò di cui ha bisogno. Poi passò ad analizzare i parallelismi con gli eventi di un quarto di secolo fa:
Mi ha chiesto del crollo dell’URSS. L’URSS, naturalmente, non crollò a causa dei problemi economici. I leader dell’URSS semplicemente persero la rotta. Non capirono cosa dovevano fare e come, non videro una via alla soluzione dei problemi del Paese. E, soprattutto, la leadership dell’URSS non accettò responsabilità. Dimenticò il principio fondamentale del governare uno Stato: se si prende una decisione, si deve risponderne. Ricordiamo, ad esempio, la decisione d’inviare truppe in Georgia e Lituania. Qualcuno crede davvero che fu presa dal comandante locale? Non è semplicemente una spiegazione seria“.
– Concordo che non sia seria. Ma qual è il collegamento dei problemi economici dell’URSS con quelli della Russia contemporanea?
– C’è un collegamento diretto col decadimento del sistema statale di governo. La leadership dell’URSS non dimostrò volontà politica quando era necessario, non ebbe convinzione nella capacità di preservare il Paese, e non prese le misure economiche necessarie. L’attuale leadership russa ha dimostrato più di una volta la volontà politica e che può mantenere e rafforzare disegno costituzionale, sovranità e integrità territoriale dello Stato russo”.
Pertanto Patrushev del tutto correttamente osservò che il crollo dell’Unione Sovietica non fu causata dalla crisi economica, ma dal comportamento irresponsabile dalla leadership del Paese che portò alla decadenza del sistema di governo statale. Infatti, nonostante l’inflessibilità dell’economia pianificata, il Paese non fu distrutto dal calo dei prezzi del petrolio o dalle insensate riforme economiche. Ma piuttosto da serpeggiante assenza di visione strategica, debolezza e viltà del leader del Paese, al momento, Gorbaciov. Dopo aver iniziato la riforma del sistema politico ed economico senza un piano strategico coerente, non appena le riforme non risolsero i problemi si spaventò e si confuse, e spese tutti gli sforzi per conservare la propria autorità, in intrighi e cambi tra i principali quadri.

Dopo aver perso l’appoggio nel partito, spostò il baricentro verso i soviet e l’espansione dei diritti delle repubbliche, mentre allo stesso tempo sacrificava la posizione internazionale del Paese. Gorbaciov non era particolarmente brillante, ma la sua posizione fece sì che tutto il potere esecutivo l’esercitasse solo lui. I suoi associati si ribellarono nell’agosto 1991, quando si scoprì che Gorbaciov arrivò al punto di preparare un trattato che avrebbe trasformato l’URSS in una confederazione, distruggendo l’unità dello Stato.

La loro ribellione fu di fatto supportata da Gorbaciov, che si rese conto che non aveva altre alternative, ma li sostenne per mondarsi da ogni responsabilità. “Vai avanti” è ciò che il presidente dell’URSS disse a chi decise di creare il GKChP, ma solo il giorno dopo, quando vide che falliva, non a causa degli intrighi di Eltsin, ma perché i golpisti guardavano Gorbaciov, quando videoregistrò una dichiarazione sulla sua “prigionia”. Irresponsabilità, mancanza di comprensione di ciò che andava fatto e mancanza di fede nelle proprie capacità, questo è ciò che condannò un grande Paese. L’attuale leadership del Cremlino lo sa perfettamente.

È per questo che Patrushev dice che sono responsabili delle loro decisioni, che hanno la volontà di preservare lo Stato e di rafforzarlo, che sanno che la Russia è un Paese autosufficiente, che credono in esso e, non meno importante, hanno fede nelle proprie capacità. Il Segretario dell’SB parla prima di tutto del presidente (senza nominarlo), ma si riferisce anche alla leadership del Paese, che riunisce anche l’SB. Le politiche economiche del governo e i dibattiti associati sono, in queste condizioni, di secondaria importanza.

Senza negare l’enorme importanza di ciò che si fa e quali siano le preferenze macro-economiche di questi o quei ministri o del governo nel complesso, la sicurezza di sé di coloro che al Cremlino che tracciano e seguono la rotta della Russia è molto più importante.

Attraverso la tempesta, con un coro di osservazioni “intelligenti” a sostegno, avanzando attraverso il fuoco nemico verso uno scopo condiviso da tutta la squadra, si va verso la vittoria. L’auto-certezza combinata con la forza di volontà bastano a chiudere le brecce causate dalle palle di cannone nemiche e a contrastare i tentativi interni d’incagliate la nave ed annullare il raddobbo dei vecchi fori delle cannonate. La responsabilità accettata dal primo leader del Paese, basata sul lavoro ben coordinato di una squadra di persone dalla visione condivisa che occupano posizioni chiave, tutto questo significa molto. Questa è la differenza fondamentale tra il nostro Paese oggi e ciò che esisteva durante l’era della perestrojka.


Pjotr Akopov, Vzglyad, 27/01/2016 – South Front

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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2016/01/28/coshanno-imparato-i-leader-russi-dal-collasso-dellurss/ 

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