mercoledì 30 marzo 2016

Etica e "diritto"

Chi ha scritto la legge del povero? Il ricco! … Chi furono gli autori della legge di successione? Dei malfattori. Della legge sulle emissioni delle banche private? Dei truffatori! (A. Strindberg, La stanza rossa)
Il processo a Socrate ci dimostra che la morale è superiore al diritto. La legge di uno Stato, ammesso e non concesso che sia ispirata a valori nobili ed applicata in modo imparziale, il che non avviene se non nei sogni, non può pretendere di eclissare l’etica e nemmeno di offuscarla.

L’etica è il dominio della coscienza e l’uomo che è veramente tale obbedisce alla sua coscienza e, solo in seconda istanza, alle leggi della polis. Che cos’è la coscienza? Essa aborre da definizioni ed aggettivi: o la si ha o non la si ha. Tertium non datur.  
 
Con Kahil Gibran siamo convinti che l’uomo veramente magnanimo è colui che non vuole dominare né essere dominato. Chi si può arrogare il diritto di soggiogare e calpestare gli uomini, la libertà di pensiero? Forse lo Stato che è, come ci insegnano Gramsci ed altri, solo il modo in cui una classe ne opprime un’altra?

Con Immanuel Kant ripetiamo: “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me”.

Se lo Stato è una tirannide, le sue norme possono essere solo tiranniche, inique e malvagie, dunque è impossibile ed immorale osservarle. Seguiamo l’esempio di Henry David Thoreau, disdegnando il servilismo della massa. La disobbedienza civile è obbedienza alla legge interiore.

Se a legiferare sono dei criminali, il crimine peggiore è adeguarsi alle loro leggi.


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