mercoledì 27 aprile 2016

Giordano Bruno: la vita e la condanna


Giordano Bruno (il suo vero nome era Filippo Bruno, ma assunse quello di Giordano entrando nell' ordine domenicano), ebbe una vita piuttosto movimentata: nato nel 1548 a Nola, presso Napoli (dove studiò e ricevette una prima formazione di stampo aristotelico), prese i voti, ma ben presto i suoi dubbi sulla dottrina trinitaria e su quella dell'incarnazione lo misero in contrasto con gli ambienti ecclesiastici. 

Allontanatosi da Napoli nel 1576, iniziò a peregrinare per l' Europa: prima a Ginevra, poi a Tolosa e a Parigi (ove godè il favore di Enrico III), dove ebbe inizio la sua produzione filosofica; quindi in Inghilterra (ove fu anche accolto dalla regina Elisabetta), dove insegnò ad Oxford e in questo periodo effettuò la stesura dei dialoghi italiani e di alcune opere latine. 

Ritornato a Parigi, nuovi contrasti con gli ambienti universitari legati alla tradizione aristotelica lo costrinsero a trasferirsi in Germania, dove insegnò a Marburgo, Wittemberg e Francoforte e completò le opere latine  Accettata infine l'ospitalità del nobile veneziano Giovanni Mocenigo, nel 1592 fu da questi denunciato all'Inquisizione e fatto arrestare per i suoi dubbi sulla funzione della religione e i sospetti di eterodossia gravanti sulle sue dottrine. 


In un primo tempo riuscì ad evitare la condanna con una parziale ritrattazione, ma nel 1593 fu trasferito all' Inquisizione di Roma e, dopo sette anni di carcerazione, fu condannato a bruciare sul rogo a Campo dei Fiori (Roma) il 17 febbraio del 1600: l'imputazione mossagli fu di dubitare della trinità, della divinità di Cristo e della transustanziazione, di voler sostituire alle religioni particolari la religione della ragione come religione unica e universale e di affermare che il mondo é eterno e che vi sono infiniti mondi. 

Giordano Bruno é uno di quei pensatori diventati famosi per via di vicende in parte estranee alla loro filosofia; é uno di quelli che ha avuto vicende "disgraziate", é un martire del pensiero, un pò come Socrate : fu infatti processato dalla Chiesa cattolica e infine condannato a bruciare sul rogo. Giordano Bruno fu di carattere particolarmente irrequieto e, come detto, fin dall' inizio non si sentì convinto da alcune verità dogmatiche della chiesa cattolica e finì per abbandonare i voti e distaccarsi dalla chiesa cattolica. 

Durante le sue peregrinazioni arrivò a simpatizzare per la causa calvinista per ovvi motivi: gli sembrò essere una protesta ai danni della chiesa cattolica nella sua dimensione istituzionale ; del calvinismo colse quindi soprattutto il messaggio "liberatore". Comunque poi abbandonò questa simpatia per il calvinismo e, paradossalmente, tornò indietro sui suoi passi accettando alcuni valori della dottrina cattolica. 

Da notare che il suo processo é durato diversi anni, il che testimonia che l'inquisizione romana non era poi così efferata e malvagia come si può pensare , a differenza di quella spagnola. Dove e quando potevano i giudici della chiesa romana cercavano delle vie di compromesso: c'era una "buona volontà " nella chiesa cattolica che trovava qualche appiglio nelle posizioni di Giordano Bruno: fu lui che non ebbe alcuna intenzione di rinunciare ai principi di fondo della sua "dottrina" e quando si trovò al momento della decisione finale preferì morire ma mantenere le sue posizioni. 

Ci doveva pur essere qualcosa che poteva dare adito a un confronto e a un dialogo con la chiesa cattolica se ci misero quasi otto anni a ucciderlo: la parziale accettazione del cattolicesimo, sulla base essenzialmente di posizioni averroistiche: anche con la fede si può raggiungere la verità, sebbene si tratti di una verità di second'ordine rispetto a quella filosofica, una verità insomma destinata alla massa, al volgo.

Giordano Bruno, comunque, era convinto che le religioni potevano essere buon strumento per far acquisire alla "massa" alcune verità, magari meno precise e più discutibili, e soprattutto potevano essere strumento di controllo delle masse; é evidente che Giordano Bruno rientra pienamente nell' aristocraticismo intellettuale propugnato da Averroè. E' ovvio che questo per i giudici dell'inquisizione non bastava per salvarlo, ma in fin dei conti poteva essere un buon punto di partenza per una sorta di trattativa. 

Dovendo poi scegliere tra le religioni , quella che maggiormante si confaceva alle istanze di Giordano Bruno era il cattolicesimo e non certo il calvinismo, per vari motivi: innanzitutto quella di Calvino era essenzialmente una protesta e non solo intellettuale (come voleva Giordano Bruno), ma anche "fisica": il calvinismo divenne vero e proprio strumento di guerra e di disordine ed é quindi comprensibile che Giordano Bruno preferisse il cattolicesimo, che se non altro si prefigurava come strumento di pace. 

In più Giordano Bruno non poteva accettare l'idea della predestinazione tipica del calvinismo : principio ispiratore della filosofia di Bruno é proprio la libertà e l'idea di essere predestinati dall' eternità non lasciava ad essa grande spazio. Fatte queste premesse, é ovvio comunque che la Chiesa si comportò con Bruno (e con molti altri) in modo subdolo e riprovevole, condannando a morte una persona solo perchè sostenitrice di idee diverse; qualunque cattolico non può non riconoscere la meschinità di questa condanna, di questo gesto che ben sintetizza l'atteggiamento della Chiesa nel corso della storia; altri fulgidi esempi di questo scempio cattolico sono il Savonarola e il pugliese Cesare Vanini, in un certo senso precursore dell'illuminismo. 

Ben diverso é poi l' esito del processo di Bruno rispetto a quello di Galilei: Bruno é condannato, Galileo abiura, ossia firma un documento dove c'é scritto che le sue teorie sono false e viene così salvato. Galileo é stato più volte criticato perchè pur di salvare la pelle ha fatto per così dire "marcia indietro", rinunciando alle sue teorie. 

In realtà c'é una questione di fondo : la diversità degli atteggiamenti di questi due intellettuali, Giordano Bruno e Galilei , nasce non solo da diversità caratteriali, ma anche dagli ambiti di interesse dei due. Galilei é uno scienziato più che un filosofo: questo é significativo perchè la filosofia può aver bisogno di martiri perchè in qualche modo é una verità soggettiva, che va vissuta, non é un fatto meramente teoretico; non é la verità matematica, inconfutabile e solida: detto in altri termini, di Galilei ci ricordiamo malgrado la sua figura, ma Bruno, se avesse abiurato, avrebbe senz'altro avuto meno importanza nella storia del pensiero. 

Non a caso questi personaggi "martiri" come Socrate, Anassagora sono tutti personaggi per i quali la testimonianza che hanno dato diventa un elemento della loro filosofia: Socrate aveva ben ragione a suo tempo a dire di non poter fare "marcia indietro" perchè sarebbe stato come negare tutto ciò che per una vita intera aveva sostenuto. 

Invece ha ugualmente ragione Galilei a dire il contrario, tant' é che si racconta che uscito dal tribunale dove aveva firmato il documento di abiura scalciasse contro la terra dicendo: "eppur si muove!", che é come dire: "io ho firmato il documento, sono salvo e posso proseguire i miei studi, però la verità da me sostenuta continua ad essere vera: la Terra continua a muoversi anche se io ho effettuato questa scelta!". 

In un certo senso Galilei ha fatto bene ad agire così perchè tanto le sue verità sono emerse nonostante la condanna e inoltre, dopo il documento di abiura, ha scoperto nuove verità che non avrebbe potuto scoprire se messo sul rogo. 

Questo non sarebbe certo stato valido per Socrate o per Bruno; egli é diventato simbolo della libertà di pensiero, un simbolo strano si dovrebbe aggiungere, in quanto c'é spesso stato chi di lui ha fatto un eroe laico, il che é vero fino ad un certo punto: é vero che é andato contro alla chiesa cattolica, però poi il contenuto della sua filosofia é tutto fuorchè laico. 

In modo simile a Socrate, Bruno preferì terminare la propria esistenza in modo eroico e coerente piuttosto che rinnegare i suoi ideali e condurre una vita che avrebbe perso di significato: "Ho lottato, é molto: credetti poter vincere (ma alle membra venne negata la forza dell'animo), e la sorte e la natura repressero lo studio e gli sforzi. E' già qualcosa l'essersi cimentati; giacchè vincere vedo che é nelle mani del fato. Per quel che mi riguarda ho fatto il possibile, che nessuna delle generazioni venture mi negherà; quel che un vincitore poteva metterci di suo: non aver temuto la morte, non aver ceduto con fermo viso a nessun simile, aver preferito una morte animosa a un'imbelle vita . " (De monade, numero et figura).


Diego Fusaro

fonte: http://www.filosofico.net/bruno.htm

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