giovedì 26 gennaio 2017

Giordano Bruno


Filosofo e poeta letterato (Nola presso Napoli 1548 – Roma 17.2.1600). É considerato il pensatore in cui il naturalismo rinascimentale trova l’espressione più compiuta.

Proveniente da una famiglia agiata, venne avviato dal padre, gentiluomo e maestro d’armi, agli studi umanistici di logica e dialettica, inserendolo a quindici anni nel monastero di San Domenico a Napoli, dove prese i voti vestendo l’abito religioso, ed intraprendendo gli studi filosofici rivolti alle opere di Aristotele, ai neoplatonici italiani, a Cusano ed a Copernico.

Assetato di sapere e portato alla ricerca della verità, appassionato degli studi filosofici, intollerante di ogni freno, intemperante sia nella parola che nel comportamento, dotato di tempra aggressiva, ben presto rifiutò le restrizioni culturali dell’ambiente religioso nel quale era costretto a vivere e studiare, per cui depose l’abito domenicano. Una notevole influenza su di lui la ebbero Bernardino Telesio e Raimondo Lullo, del quale fece sue le tecniche mnemoniche.

Presto divorato dal dubbio, allergico nei confronti dei dogmatismi dilaganti che gli venivano drasticamente imposti, sospinto dalla sua vastissima cultura e dal suo temperamento spregiudicato, si avventurò verso un ampliamento dei propri orizzonti iniziando ampie peregrinazioni attraverso ogni parte dell’Europa. Predicò in Germania, in Inghilterrra ed in Francia, legato alla società rosacrociana da un impercettibile e mai palesemente espresso filo sottile.

Dopo essersi avvicinato dapprima alla chiesa protestante calvinista di Ginevra, e poi a quella luterana, si sentì deluso da entrambe le dottrine. Si stabilì quindi a Parigi dove, nel 1582, scrisse il De umbris idearum. Qui si trovano i fondamenti del suo naturalismo di ispirazione neoplatonica, nell’affermazione della struttura unitaria dell’universo, che corrisponde al processo di unificazione che si attua nella mente, per cui la mente stessa può cogliere, al di là delle ombre della realtà sensibile, le idee della realtà ideale, ovvero l’ordine e la connessione delle cose.

Umiliò pesantemente i presunti saggi dell’epoca, venendone a sua volta umiliato, accusato tra l’altro d’aver spacciato per suoi interi brani tratti dalle opere del Ficino.

Nel 1582 scrisse e pubblicò anche la commedia Il Candelaio. All’inizio dell’anno successivo Giordano Bruno si trasferì a Londra, al servizio dell’ambasciatore francese, e vi rimase per quasi tre anni, pubblicando tutte le sue opere più importanti.

Del 1584 sono i cinque dialoghi che compongono la Cena delle Ceneri, opera scritta come le successive in lingua italiana, ed in cui il motivo centrale è la difesa della dottrina copernicana ed il suo sviluppo in una filosofia della natura complessiva: Giordano Bruno corregge Copernico, soprattutto nell’assunzione che non vi può essere un centro dell’universo, poiché esso, in quanto infinito, ha infiniti centri, e quindi nessun centro.

Sempre al 1584 risalgono i cinque dialoghi De la causa principio e uno, in cui Giordano Bruno espone i principi generali della filosofia naturale, individuandoli nell’intelletto universale, come prima facoltà dell’anima del mondo, e come principio formale dell’universo, e nella materia come principio fisico da cui viene fatta e formata ogni cosa: principio formale e principio materiale non sono però che due aspetti della stessa unità per cui, dal punto di vista della sostanza, il tutto è uno, infinito ed immobile.

Ancora nel 1584 pubblica De l’infinito universo e mondi, pure in cinque dialoghi, insistendo sull’infinità dell’universo e sull’esistenza di infiniti mondi simili al nostro, come testimonianza dell’infinita potenza di Dio, e criticando la concezione aristotelica dell’ordine gerarchico del mondo come visione cara a coloro che preferiscono affidarsi all’autorità dei testi piuttosto che esercitare il loro potere intellettuale.

Durante il soggiorno londinese, Giordano Bruno scrisse anche due opere di argomento morale: lo Spaccio della bestia trionfante, dove narra della cacciata dal cielo delle vecchie costellazioni, simbolo dei vizi pagani, per sostituirle con le autentiche virtù da rintracciare nella verità, nella provvidenza (e nella prudenza che ne è il riflesso), nel sapere e nella legge che disciplina la società umana; infine gli Eroici furori, del 1585, in cui, rifacendosi a Platone, sviluppa una teoria dinamica della morale sulla base dei furori che muovono le azioni umane, di cui il furore eroico è la spinta alla piena conoscenza dell’universo, ed insieme una radicale trasformazione della vita.

Dal 1585 in poi l’esistenza di Giordano Bruno è una continua peregrinazione, attraverso un secondo soggiorno parigino occupato da un’intensa polemica contro le dottrine aristoteliche, ed il soggiorno in varie città della Germania: nel 1591 giunse a Francoforte, dove pubblicò tre poemi in latino, De minimo, De monade e De immenso, che trattano rispettivamente dei principi sostanziali semplici dell’universo, dell’importanza dei principi numerici e geometrici e, nuovamente, dell’infinità dell’universo.

Ormai incapace di affrontare ulteriori viaggi, deluso dalle critiche accademiche seguite alle illusioni mai lesinate dalle diverse corti europee, cominciò ad accarezzare l’ipotesi di ritornare in Italia. Fu in Francoforte che lo raggiunse l’invito del nobile veneziano Giovanni Mocenigo, che era stato affascinato dalle sue straordinarie capacità mnemoniche ormai conosciute ovunque, ma che sperava soprattutto di trarre dall’insegnamento di tale eccezionale maestro importanti utili mondani. Nell’invitarlo non mancava una diretta allusione alla possibilità di un suo riavvicinamento alla Chiesa di Roma.

Giordano Bruno accolse quell’invito e si trasferì a Venezia, dove il Mocenigo, personaggio ottuso incapace di capire i suoi insegnamenti, meschinamente volle vendicarsi, consegnandolo al tribunale dell’Inquisizione di Venezia, il quale intendeva processarlo costringendolo a rispondere alla formale accusa di eresia. Il suo processo venne però presto spostato a Roma.

Qui egli tentava ripetutamente di difendersi attraverso l’edizione di vari memoriali, nei quali abbozzava spiegazioni, addirittura ritrattando, inizialmente, le proprie idee. La sua difesa era essenzialmente impostata sul fatto che egli aveva sempre e soltanto profferito semplici affermazioni filosofiche, e mai enunciazioni teologiche. Il tutto doveva rivelarsi inutile di fronte alla ferma e determinata ottusità dell’imperante dogmatismo.

Giordano Bruno dovette arrendersi e, dopo aver rifiutato una nuova e definitiva ritrattazione, cui era stato indotto anche da pesanti torture, dopo lunghi sette anni di frustrazioni, di sofferenze materiali e morali, veniva condannato a morte per eresia.

L’8 febbraio del 1600 venne trascinato al cospetto dei suoi giudici per ascoltare la sentenza di condanna alla pena capitale ed alla totale distruzione di tutte le sue opere. Ai magistrati che pronunciavano il verdetto trovò la forza per dire: “Forse avete più timori voi nel pronunciare l’orrida sentenza che io a riceverla“.

Il 17 febbraio 1600, con la lingua crudelmente racchiusa in una morsa di ferro, venne legato nudo ad un palo ed arso vivo in Campo dei Fiori.

Opportuno a questo punto accennare all’emergente ipotesi che la Libera Muratoria rappresenti qualcosa di ben diverso da un semplice fenomeno culturale importato dall’Inghilterra e dalla Francia. Essa sarebbe invece la concretizzazione degli orientamenti filosofici e morali diffusi in Europa da Giordano Bruno e dai suoi seguaci, piuttosto che conseguenza dell’applicazione di dottrine alchemiche, ermetiche e cabalistiche, come pure della filosofia dell’amore rosacro0ciana.

Su tale argomento è infatti possibile evidenziare varie osservazioni, che dimostrano come la Massoneria speculativa ricalchi con incredibile attualità molte delle tesi sostenute da Giordano Bruno, quali:
  1. La lotta da lui sostenuta contro i pedanti aristotelici, poiché avevano voluto imporre, dopo averle acriticamente accettate, le maggiori dottrine del filosofo greco, un atteggiamento del tutto simile al plurisecolare dogmatismo della Chiesa.
  2. La ricerca della verità esaltata negli Eroici furori, in cui il furioso, ovvero il vero ricercatore, obbedisce al solo impulso razionale.
  3. Ne Lo Spaccio vengono esaltati i principi di eguaglianza e fratellanza, particolarmente laddove Giordano Bruno sostiene: “La legge, dinanzi a cui tutti sono eguali ed a cui i potenti non credano di poter fuggire, è stata ordinata ai fini di quel principio della comunione degli uomini. Gli potenti siano sostenuti dagli impotenti, gli deboli non siano oppressi dai più forti, la violenza non conculchi la ragione, i poveri siano aiutati dai ricchi, le virtù e gli studi utili al commune siano promossi ed esaltati, e gli desiosi ed avari e proprietari siano spregiati e tenuti a vile“.
  4. Ancora ne Lo Spaccio viene: “elogiato il lavoro che vince l’ozio, fortemente condannata l’età dell’oro e del paradiso terrestre, esaltata l’operatività (per questo ha determinato la provvidenza, che venga occupato ne l’azione delle mani), incoraggiata la costruzione della civiltà, che si libera gradualmente dall’essere bestiale, allorché  per l’emulazione d’atti divini ed adattazione di spiritosi affetti sono acuiti gli ingegni, inventate le industrie, scoperte le arti; e sempre, di giorno in giorno, dalle profondità dell’intelletto umano, si eccitano nove e maravigliose invenzioni“.
  5. Le opere, l’intera esistenza e la tremenda fine parlano da sole, evidenziando come Giordano Bruno abbia vissuto ed operato sempre all’insegna della libertà e della massima tolleranza, anticipando di oltre due secoli la grande impronta lasciata da Voltaire all’intera umanità.
Occorre sottolineare che, fin dalla sua costituzione nel 1805, la Massoneria italiana ha eletto Giordano Bruno a suo Patrono, ed il Grande Oriente d’Italia ha dedicato al suo nome la sua più alta onorificenza al merito.

Nel 1885 un comitato universitario appoggiato da famosi Fratelli all’obbedienza del Grande Oriente d’Italia, tra i quali Adriano Lemmi, Agostino Bertani, Giovanni Bovio, Giosuè Carducci, Ettore Ferrari, Aurelio Saffi, Giuseppe Zanardelli e molti altri, promuoveva una sottoscrizione internazionale allo scopo di erigere un monumento a Giordano Bruno.

Raccolti i fondi necessari, il monumento venne realizzato gratuitamente dal fratello scultore Ettore Ferrari, e fu infine eretto in Campo dei Fiori il 9 giugno 1889, esattamente dove arse il rogo che doveva fare di Giordano Bruno un martire, ennesima vittima della Santa Inquisizione e del braccio secolare pontificio.

Ad esaltazione del libero pensiero, della ragione e del progresso, adornano la base del monumento i significativi medaglioni di Giulio Cesare Vanini, Michele Serveto, Giovanni Huss, Paolo Sarpi, Tommaso Campanella, Erasmo da Rotterdam ed altri.

L’onorificenza di Giordano Bruno emessa al merito muratorio dal Grande Oriente d’Italia è tuttora ripartita in due classi, di bronzo e d’oro; fino a pochi anni fa era l’unica esistente nell’obbedienza italiana, ed è stata fino ad oggi assegnata dai Gran Maestri in carica a soli 850 Fratelli circa.

Dal 1995 invece è dedicata a Galileo Galilei la dichiarata più alta onorificenza massonica: subito dopo la sua istituzione essa è stata offerta, inspiegabilmente, per molti Massoni assurdamente, e soprattutto in aperta contraddizione con gli eventi storici di un passato affatto remoto, al pontefice Giovanni Paolo II (il quale l’ha ovviamente rifiutata), che ha forse parzialmente attenuato le gravi colpe commesse dalla Chiesa di Roma attraverso l’incompleto e troppo diplomatico “Mea culpa” (vd.), formalmente pronunciato dallo stesso papa in San Pietro nella prima domenica di Quaresima (12 marzo) dell’anno 2000.

RC/210500

(Questa Tavola è in parte ispirata all’articolo del Fr. Roberto Paolillo della R.L. Adriano Lemmi N°400 all’Or. di Milano – Dal periodico “Il Laboratorio” N°46 datato marzo-aprile 2000)


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