martedì 13 giugno 2017

Integrazioni, silenzio e una spiritualità nuova.... forse

 
Non tutta la saggezza sta in una sola scuola, recitava un (mi pare) proverbio hawaiano. Non è più tempo di polarizzarsi in una sola versione dei fatti, una sola teoria della realtà. Viviamo vite di integrazione nelle quali interagiscono mille frammenti apparentemente casuali di esperienza ai quali stiamo cercando di dare un senso, chiamando questa ricerca con i nomi più diversi - ricerca interiore, spiritualità, metafisica, alchimia - e raccontando storie che determinano il carattere e il modus operandi della nostra personale ricerca. 
 
Ma ciascun percorso è solo un frammento del puzzle molto più vasto in cui ci troviamo e, francamente, ogni frammento risulta davvero angusto rispetto alla vastità del lavoro che la coscienza deve fare e sta, in realtà, facendo. Possiamo adottare un principio, sperimentarlo per vederne effetti e concatenazioni, ma dovremo essere pronti a sacrificarlo qualora la realtà non sembri più rispecchiarlo. 
 
Poichè c'è la concreta possibilità che molte delle cosiddette 'leggi' spirituali, molto di ciò in cui crediamo e che crediamo di vedere, siamo in effetti noi a crearlo, aderendovi con la convinzione. Può darsi, e sottolineo, può darsi, che siamo noi a fare tutto, leggi e controleggi, premi e punizioni, bene e male e così via... ma quel 'noi' che fa tutto questo rimane tutt'ora un mistero per molti ricercatori. 
 
La mia sensazione, come scrissi qualche giorno fa, è che si debba ripartire da zero per scoprire questo io, che si debba ricominciare a farsi domande e a cercare nella realtà le risposte invece di sostituirle con la dottrina di qualcun altro. E ho avuto la chiara esperienza del fatto che le risposte arrivano nel momento in cui la mente inizia a calmarsi e a smettere di ripetersi cose lette o sentite.
 
L'integrazione di diversi milioni di pezzetti di esperienze, conoscenze e pratiche, accade in quel silenzio mentale, in quello stare. Stare significa osservare senza essere trascinato da ciò che osservo, e mentre osservo non aggiungo e non tolgo nulla, non mi racconto storie e non credo a nessuna storia raccontata da altri (per quanto autorevoli). 
 
Mi piace pensare che il segreto di tutto sia, come scriveva Taddhesus Golas, la ferma determinazione a voler essere cosciente di tutto ciò che passa attraverso il mio sistema senza modificare nulla. Ma è più facile a dirsi che a farsi. Ci sono pensieri che ci rifiutiamo di ascoltare ed emozioni che non vogliamo attraversare. 
 
Questa resistenza può essere così forte e spaventosa da renderci inconsci, provocare sintomi, addormentarci. Ci sono credenze che abbiamo difficoltà a disintegrare perchè il guru, l'insegnante o il papà di turno ce le hanno preconfezionate e installate dentro e ci sentiamo di tradirli se le lasciamo andare per sperimentare una realtà più vasta. 
 
Ma tant'è. Siamo noi i primi ad essere stati traditi da chi ci ha assicurato che la realtà stava così. 
 
Non facciamo che aderire e imitare, ma potremmo invece integrare e aumentare la nostra capacità di sperimentare realtà. 
 
Ciò significherà magari buttare un migliaio di vecchi libri e registrazioni di seminari e imparare finalmente a fare silenzio dentro di noi. 
 
Ciò significherà forse diventare creativi anche nel campo della ricerca spirituale (che ahimè soffre di una enorme carenza di creatività) e avere il coraggio di tracciare nuove strade, percorrere sentieri che non sono 'ufficiali', non sono scritti su nessun testo sacro, ma ci condurranno lentamente a ciò che stiamo cercando. 
 
Ciò significherà rinunciare ai nostri miti ed eroi della spiritualità e ricominciare dall'unica cosa realmente importante, la nostra esperienza di vita.
 
 
Andrea Panatta
 

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