lunedì 26 giugno 2017

L'abitudine di rispondere


"La prima cosa che il ricercatore distinguerà nell'esplorare il proprio vitale sarà una frazione di mente che sembra avere la sola funzione di dare forma (e giustificazione) ai suoi impulsi, ai suoi sentimenti, ai suoi desideri: quella che da ora in poi chiameremo MENTE VITALE. Ma, avendo già visto la necessità di far silenzio nella mente, il ricercatore estenderà tale disciplina anche a questo strato mentale inferiore. 

Di lì in poi comincerà a vederci chiaro: prive dei loro abbellimenti mentali, le diverse vibrazioni dell'essere gli si riveleranno nel loro aspetto vero e al loro vero livello. Soprattutto, le vedrà arrivare. In questa distesa di silenzio ch'egli ormai rappresenta, i minimi movimenti di sostanza mentale - oppure vitale o di altri piani - saranno per lui altrettanti segnali; e se qualcosa tenterà d'infiltrarsi nella sua atmosfera se ne accorgerà subito. 

Spontaneamente si renderà conto allora della quantità di vibrazioni che tutti emanano di continuo senza neanche accorgersene, saprà chi è e da dove viene la persona che ha di fronte (un aspetto impeccabile non ha il più delle volte niente a che vedere con la piccola realtà vibrante che sta dietro).

Allora i suoi rapporti col mondo diventeranno chiari, capirà perché prova certe simpatie e certe antipatie, certi timori o malesseri, e potrà così mettere ordine nelle proprie reazioni, rettificarle: accettare le vibrazioni che sono di aiuto, rifiutare quelle che intorbidano, neutralizzare quelle che vengono per nuocere. E si renderà conto di un fenomeno molto interessante: il silenzio interiore ha un potere. 

Se invece di rispondere alla vibrazione in arrivo resterà nella più assoluta immobilità interiore, vedrà quell'immobilità DISSOLVERE le vibrazioni; come se fosse circondato da una distesa di neve dove urti e colpi sprofondano. Prendiamo il semplice esempio della collera: se invece di metterci a vibrare all'unisono con chi è in collera riusciremo a restare interiormente immobili, a poco a poco vedremo la collera di chi ci sta di fronte dissolversi come fumo. Mère faceva notare che l'immobilità interiore, il potere di non rispondere, può anche fermare il braccio dell'assassino o lo scatto del serpente. 

Solo che non si tratta di mettersi una maschera di impassibilità mentre dentro tutto ribolle: con le vibrazioni non si bara, come lo sentono benissimo gli animali; non si tratta di inalberare una 'padronanza di sè' che è solo padronanza delle apparenze, ma di un vero dominio interiore. E' un silenzio che può annullare qualsiasi vibrazione: per la semplice ragione che tutte le vibrazioni, di qualunque tipo, sono CONTAGIOSE (sia le vibrazioni più basse che le più alte, si badi bene: ecco come mai il guru può trasmettere al discepolo le proprie esperienze spirituali o i propri poteri). Dipende da noi o meno accettare il contagio: se abbiamo paura, vuol dire che abbiamo già accettato il contagio e quindi abbiamo già accettato il morso del serpente o il colpo dell'assassino [...]

Lo stesso accade per le sofferenze fisiche: come si può farsi contagiare da vibrazioni dolorose, così si può circoscriverne il punto e magari, a seconda del grado di padronanza raggiunto, annullare la sofferenza, cioè disinnescare la coscienza dal punto del malato. La chiave della padronanza è sempre il silenzio, a tutti i livelli; nel silenzio infatti è possibile distinguere le vibrazioni; e distinguere vuol dire averne il dominio. 

Numerosissime sono le applicazioni pratiche e numerosissime le occasioni di progresso. Quella vita di tutti i giorni che viviamo tanto incoscientemente può diventare così un immenso campo di esperienza e di uso consapevole delle vibrazioni. Ecco perchè si insiste che il luogo dello yoga sia la vita stessa: stando soli è facilissimo illudersi di aver raggiunto il dominio di sè. 

Ma il potere del silenzio, o dell'immobilità interiore, ha applicazioni molto più importanti, sopratutto nella vita psicologica. Il vitale, lo sappiamo, è sede di svariati disordini e miserie, ma è anche una fonte di grande forza; si tratta quindi - un poco come nella leggenda indiana del cigno che separa l'acqua dal latte - di estrarne la forza di vita evitando le complicazioni che la vita porta con sé, e al tempo stesso senza recluderci dalla vita. 

Bisogna dire che le vere complicazioni non vengono tanto dal vitale in sé, quanto dall'uso che ne facciamo noi: tutte le circostanze esteriori sono infatti l'immagine speculare di quello che siamo. Ma la più grande difficoltà viene dal fatto che, erroneamente, noi ci identifichiamo col vitale e con tutto ciò che ne proviene. Il vitale dice: le 'mie' pene, la 'mia' depressione, il 'mio' temperamento, i 'miei' desideri, credendo di essere tutti quei piccoli io che in realtà non sono affatto lui. 

Certo, se noi continuiamo ad essere convinti che tutte quelle piccole storie siano la nostra storia, allora ovviamente non c'è altro da fare che sopportare la bella famigliola vitale con tutte le sue crisi. Ma se siamo in grado di far silenzio dentro, ci appare subito chiaro che tutte quelle vicende non sono affatto le nostre: tutto viene da fuori, lo sappiamo. Solo che noi, sintonizzandoci sempre sulla stessa lunghezza d'onda, ci lasciamo invadere da tutti i contagi.

Ad esempio, ci troviamo in compagnia di Tizio o di Caio, in noi c'è silenzio e immobilità (il che non ci impedisce di parlare e di agire normalmente), e di colpo ecco che in questa trasparenza sentiamo qualcosa che ci tira o che cerca di entrarci dentro, come una pressione o una vibrazione intorno a noi che può anche tradursi in un indefinibile malessere. Se la vibrazione ce la fa ad entrare, in pochi minuti ci ritroviamo a lottare con una depressione o un desiderio, con un'agitazione o una febbre: siamo stati contagiati. A volte non sono soltanto semplici vibrazioni che ci piombano addosso, ma vere ondate. Non occorre necessariamente stare assieme a qualcuno perché succeda: possiamo isolarci in cima all'Himalaya e ricevere lo stesso le vibrazioni del mondo. 

Da dove viene allora la NOSTRA agitazione, il NOSTRO desiderio, se non dall'abitudine di farci agganciare di continuo dagli stessi impulsi? Ma il ricercatore che ha coltivato il silenzio non si lascia più intrappolare da questa FALSA IDENTIFICAZIONE e finisce per sentire intorno a sé quello che chiameremo il circumcosciente, ovvero COSCIENZA CIRCOSTANTE, una distesa di neve che ci circonda e che può esser incredibilmente luminosa, forte e sicura, o che invece può oscurarsi, corrompersi (o anche disintegrarsi totalmente) a seconda del nostro stato interiore. E' una specie di atmosfera individuale o di GUAINA PROTETTIVA abbastanza sensibile da farci sentire ad esempio che si sta avvicinando qualcuno, o da farci evitare un incidente nell'istante in cui sta per piombarci addosso; ed è proprio in questa coscienza circostante che potremo sentire e fermare le vibrazioni psicologiche PRIMA che ci entrino dentro.

Di solito sono così abituate ad entrare dentro di noi come a casa propria, per affinità, che non le sentiamo neanche più arrivare: il meccanismo attraverso cui ce ne appropriamo e ci indentifichiamo con loro scatta immediatamente. Ma il silenzio interiore produce una trasparenza sufficiente a vederle arrivare, sicchè allora uno può fermarle e respingerle.

A volte le vibrazioni respinte restano a vagare nel circumcosciente, aspettando la prima occasione per precipitarsi dentro di noi, al punto che potremo sentire con estrema chiarezza la collera, il desiderio, la depressione girarci attorno; ma, a forza di essere respinte, perderanno vigore, finchè ci lasceranno in pace. Il collegamento è stato finalmente interrotto. E con sorpresa un bel giorno constateremo che certe vibrazioni che ci sembravano ineluttabili non ci toccano più. Ci passeranno davanti come uno schermo cinematografico, svuotate di qualsiasi potere; e potremo osservare con curiosità le piccole malintenzionate ritentare il loro gioco. Oppure ci accorgeremo che certi stati psicologici ci assalgono a ore fisse, o si ripetono ciclicamente: sono quelli che chiameremo FORMAZIONI, cioè amalgami di vibrazioni che per reiterata abitudine finiscono per acquisire una sorta di personalità indipendente. 

Vedremo come queste formazioni, una volta che ci hanno agganciati non ci mollano finchè non hanno svuotato il sacco fino in fondo, ossessive come un disco che gira e gira su un grammofono. Sta a noi decidere se 'lasciarlo suonare' oppure no. Le esperienze possibili sono migliaia, è tutto un mondo di osservazioni; ma la scoperta essenziale che avremo fatto è che in tutta la faccenda, di NOI c'è ben poco, tranne L'ABITUDINE DI RISPONDERE. [...]

A dispetto di tutte le nostre 'sagge' massime, la natura umana PUO' essere cambiata. Non c'è niente nella coscienza o nella natura di fissato una volta per sempre, tutto è soltanto un gioco di energie e vibrazioni che a forza di ripetersi regolarmente ci dà l'illusione di una necessità 'naturale'. Proprio perciò lo yoga presuppone la possibilità di un capovolgimento totale delle regole che comunemente governano le reazioni della coscienza.

Scoperto il meccanismo, avremo contemporaneamente trovato il giusto metodo per dominare il vitale, un metodo non di tipo chirurgico ma pacificatore. Non diminuiremo di sicuro le difficoltà vitali combattendole vitalmente: la lotta esaurirà le nostre energie, ma non certo la loro esistenza universale. 


E' da un'altra posizione che avremo partita vinta: neutralizzandole in una pace silenziosa. Se siamo in pace, ripulire il vitale diventa facile. Se invece stiamo lì solo a pulire e pulire senza fare nient'altro il progresso sarà molto lento, perché il vitale si sporcherà di nuovo e bisognerà rimettersi a pulirlo centinaia di volte. La pace è qualcosa di pulito di per sé, perciò essere in pace è un modo di positivo di assicurarsi il risultato. Cercare soltanto lo sporco e ostinarsi a pulirlo è un metodo negativo."

 


Andrea Panatta

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