Nei circoli degli esperti in cui vengono
discussi problemi sullo sviluppo globale, si scorge sempre più il parere
sul comportamento irrazionale e illogico dei principali attori della
politica e dell’economia globale che, come pare a molti, malgrado le
regole delle attività economiche, sembrava classico e immutabile.
Naturalmente, nei rapporti con la Russia l’apparente irrazionalità
dell’occidente è “fuori scala” e viene considerata come nient’altro che
naturale. La situazione è migliorata con la “dissoluzione” delle
questioni fondamentali nei temi secondari. Ma l’irrazionalità si
manifesta non solo nei rapporti con la Russia.
La logica non molto
razionale può essere rintracciata nelle azioni delle strutture
sovranazionali dell’UE nelle questioni energetiche e altre questioni
relative alle relazioni con la Russia. Per esempio, nei tentativi di
forzare artificialmente lo sviluppo della nuova generazione di fonti
energetiche rinnovabili.
Questo sembra più importante della migrazione o
dello sviluppo continuo, divenendo anche l’irrazionale “tolleranza
senza rive”. Non meno irrazionale dal punto di vista economico è il
comportamento dell’UE verso l’Iran: Washington (e in larga misura Tel
Aviv), osservano silenziosamente l’escalation dell’isteria antiraniana,
l’Unione europea sembra rassegnata alla perdita di tutti i dividendi
economici acquisiti dall’UE e dai singoli Paesi europei dopo
l’abolizione delle sanzioni all’Iran.
La decisione di Donald Trump di
riprendere il blocco di Cuba appare illogica da un punto di vista
politico ed economico. Inoltre, queste azioni “irrazionali” si svolgono
sullo sfondo del racket militare pragmatico “a due passaggi” contro le
monarchie petrolifere del Medio Oriente. Negli ultimi anni il ruolo dei
fattori ideologici nelle importanti decisioni globali è aumentato
drasticamente. Guardiamo alle dichiarazioni del “peso massimo” politico
europeo, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, secondo
cui la priorità politica (ma in realtà, in tutta l’UE) della Germania
sarà il contenimento dell’influenza di Russia e Cina.
“Questa sarà la fine del nostro ordine mondiale liberale. Quest’ordine è ancora il migliore di tutti i mondi possibili per ragioni etiche, politiche ed economiche. E vogliamo che quest’ordine continui. Almeno, non vogliamo vederlo indebolito“,
diceva alla Reuters Schäuble, anche affermando
che l’Europa deve assumere maggiori responsabilità nel proteggere
l’ordine mondiale liberale e democratico, in quanto gli Stati Uniti
mostrano meno disponibilità. Per chi studia l’economia, la dichiarazione
è un esempio sorprendente di mancanza di considerazioni economiche
nell’approccio strategico, nonché di prevalenza totale delle
considerazioni ideologiche sulla pianificazione.
Quest’approccio
riflette l’umore che domina realmente l’élite europea. In poche parole,
l’ala ultra-conservatrice dell’élite tedesca, cui appartiene W.
Schäuble, da voce a questi sentimenti in modo franco e chiaro.
Nuova razionalità
Ma quanto questa “irrazionalità” comportamentale appare irrazionale, e non una “razionalità malintesa”, razionalità delle nuove condizioni economiche e sociali? E quali sono le condizioni, se i Paesi chiave e le economie mondiali devono fondamentalmente cambiare comportamento, per soddisfarle?
Ma quanto questa “irrazionalità” comportamentale appare irrazionale, e non una “razionalità malintesa”, razionalità delle nuove condizioni economiche e sociali? E quali sono le condizioni, se i Paesi chiave e le economie mondiali devono fondamentalmente cambiare comportamento, per soddisfarle?
Adesso si osservino alcuni “grandi progetti” che già
cominciano a competere tra di loro, ma non per lo spazio. Questi
progetti sono per lo più regionali e non si sovrappongono. Il concorso
si svolge nella nuova economia e, soprattutto, nel sistema di
distribuzione dei diversi profitti (finanziari, tecnologici, logistici,
commodities), base su cui la gerarchia della leadership nell’economia
post-liberale sarà costruita. Si tratta del progetto cinese di zona di
prosperità condivisa della “Grande Via della Seta”, della costruzione
dell’Europa dalle diverse velocità (e livelli di sicurezza sociale) e
della reindustrializzazione degli Stati Uniti, menzogna che copre il
tentativo di ricostruire il modello di sfruttamento statunitense
dell’America Latina.
In quasi tutte le regioni del mondo, senza
escludere l’Africa tropicale apparentemente stagnante, si notano
facilmente i segni dei “grandi progetti” che a volte, in maniera
competitiva, i principali attori globali cercano di realizzare.
L’eccezione forse è solo nel tradizionale Medio Oriente – Mediterraneo,
dove il progetto globale statunitense è presumibilmente al collasso e i
partecipanti ai processi di sicurezza sono passati ad azioni a breve
termine tattiche attuate come forma di massima redditività commerciale.
La logica “non mercantile” dei progetti globali
Nella fase di ricostruzione del sistema delle relazioni politiche ed economiche globali e delle comunicazioni, la politica dei processi è inevitabile e i tentativi di “giocare lungo” da parte di gruppi indipendenti, “per una possibile copertura (attività complesse che permettono di evitare perdite finanziarie, ad esempio “EE”) dei rischi d’investimento su base commerciale”. L’approccio ideologico all’economia, ovviamente, ha certi costi (ad esempio, ciò appare chiaramente nelle relazioni UE – Iran).
Nella fase di ricostruzione del sistema delle relazioni politiche ed economiche globali e delle comunicazioni, la politica dei processi è inevitabile e i tentativi di “giocare lungo” da parte di gruppi indipendenti, “per una possibile copertura (attività complesse che permettono di evitare perdite finanziarie, ad esempio “EE”) dei rischi d’investimento su base commerciale”. L’approccio ideologico all’economia, ovviamente, ha certi costi (ad esempio, ciò appare chiaramente nelle relazioni UE – Iran).
Ma in pratica è uno strumento
per coprire i rischi a lungo termine nell’attuazione dei “grandi
progetti”. Soprattutto considerando che i “grandi progetti” sono
realizzati a un livello relativamente alto di rischi politici e
militari. È ingenuo aspettarsi dai principali attori globali
l’attuazione dei grandi progetti basandosi sul “mercato”. Queste
aspettative riflettono la vecchia mentalità politica e, soprattutto,
economica.
La “nuova razionalità” nell’economia globale include l’uso di
fattori ideologici come strumento per consolidare gli alleati e
garantire la lealtà delle élite economiche. L'”ideologizzazione” delle
decisioni economiche diventa uno strumento per il ritorno della
pianificazione a lungo termine economica, quasi perduto durante il
periodo di dominio della versione finanziaria della globalizzazione. È
chiaro che un grande progetto quasi mai viene attuato sulla base dei
classici principi del “mercato” per calcolarne la redditività.
Un
progetto importante fa sempre parte della “realtà economica proiettata”,
quasi impossibile da calcolare. E il fattore ideologico come elemento
della “realtà proiettata”, ci permette di considerare molti rischi non
economici e persino alcuni economici come strategicamente
insignificanti.
La nuova razionalità cinese
Il progetto cinese “Cintura di prosperità condivisa della Via della Seta” va visto come esempio interessante. Nel corso di dieci anni la Via è passata dall’essere un progetto logistico classico e “razionale” all’idea di “Cintura di prosperità condivisa”, la cui componente “basata sul mercato” risulta significativamente meno certa e più imprevedibile dal punto di vista classico del mercato.
Il progetto cinese “Cintura di prosperità condivisa della Via della Seta” va visto come esempio interessante. Nel corso di dieci anni la Via è passata dall’essere un progetto logistico classico e “razionale” all’idea di “Cintura di prosperità condivisa”, la cui componente “basata sul mercato” risulta significativamente meno certa e più imprevedibile dal punto di vista classico del mercato.
Il fattore importante da dare
al progetto “Grande Via della Seta” è fondamentalmente diverso dal
contenuto geo-economico, è l’emergere della componente ideologica,
finora “cablata” nella formula della “prosperità comune”, ma questo vale
solo per ora. Il nuovo status ha dato l’opportunità di guardare
diversamente alle questioni di redditività a medio termine del progetto,
anche se l’approccio cinese verso i propri partner non ha risparmiato
rapporti dai difetti tradizionali.
L’appello ideologico dell’UEE
Al minimo, anche la Russia cerca di definire i suoi “grandi progetti” legati al consolidamento del potenziale economico della Nuova Eurasia e alla formazione del vettore meridionale “Nord-Sud” dello sviluppo logistico e industriale. Una delle fondamenta di questo “progetto principale” è l’Unione economica eurasiatica (EEU), concepita e implementata come unione puramente economica. Tuttavia, sembra che si creino problemi nello sviluppo dell’Unione.
Al minimo, anche la Russia cerca di definire i suoi “grandi progetti” legati al consolidamento del potenziale economico della Nuova Eurasia e alla formazione del vettore meridionale “Nord-Sud” dello sviluppo logistico e industriale. Una delle fondamenta di questo “progetto principale” è l’Unione economica eurasiatica (EEU), concepita e implementata come unione puramente economica. Tuttavia, sembra che si creino problemi nello sviluppo dell’Unione.
In assenza della componente
di unità politica (essenzialmente ideologica), l’UEE non può fare un
salto qualitativo per status ed influenza. C’è il rischio permanente del
crollo a “zona di libero scambio”. La Russia e gli altri Paesi dell’UEE
tentano di costruire un sistema e un’istituzione strategicamente
importanti nel contesto emergente della “nuova razionalità” basandosi su
approcci dalle “vecchie” caratteristiche razionali.
Così gli aderenti
all’UEE non considerano il fattore del crescente indottrinamento, non
solo strategico ma anche pratico, nelle decisioni operative. La sfida
principale è che, se le attuali tendenze continuano, la Nuova Eurasia,
nella migliore delle ipotesi, rimarrebbe uno spazio non consolidato
dell'”industria di seconda modernizzazione”, integrata nella catena
globale della lavorazione delle materie prime dalla bassa ripartizione
tecnologica.
Nel caso peggiore, una parte significativa della Nuova
Eurasia potrebbe trasformarsi in spazio logistico. Inoltre, questo
rischio si manifesta già con il dialogo tra le élite dei governi
post-sovietici e i loro partner cinesi, impegnati nell’ambito del
progetto globale basato sulla “nuova razionalità”. È proprio nella Nuova
Eurasia che le contraddizioni tra “razionalità” e “ideologizzazione”
hanno la stessa razionalità, moltiplicata da una visione a medio termine
della situazione, acquisendo forme più acute.
Ciò è dovuto alle
questioni tradizionalmente complesse e ambigue dei diritti umani, dello
sviluppo umanitario, delle questioni ecologiche ed altre che sono
difatti la base della cosiddetta “irrazionalità”.
E questo,
naturalmente, verrà utilizzato dalle leadership per i nuovi progetti
globali. In queste condizioni, i Paesi della Nuova Eurasia
inevitabilmente sollevano la questione del ripensamento dei paradigmi
dello sviluppo nazionale e della pianificazione strategica alla base del
loro sviluppo degli ultimi 25 anni e che, ovviamente, iniziano a
perdere rilevanza.
Dmitrij Eevstafev; Eurasia, SouthFront
Dmitrij Evstafev, professore della NRU, Scuola Superiore di Economia.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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