venerdì 4 agosto 2017

Gheddafiani e LNA avanzano in Libia


Recentemente l’attenzione dei media si è concentrata sulla crisi del Golfo Persico, dove l’amministrazione statunitense ha provocato un conflitto tra Arabia Saudita, EAU, Egitto ed alleati con il Qatar, ricevendo ampi ordini di armamenti da entrambe le parti e poi divenendo arbitro neutro. I media inoltre seguivano Siria e Iraq, l’imminente cambio di potere in Algeria e il confronto tra i Paesi del Corno d’Africa. 

Di conseguenza, i media erano completamente distratti sugli eventi in Libia. Nel frattempo, la situazione in Libia muta, colpendo non solo gli attori regionali, ma anche Stati Uniti e UE. Questo articolo descrive gli attuali eventi nel Paese basandosi sull’analisi dell’esperto dell’Istituto per il Medio Oriente A. Bystrov.

Denaro al barile

La Camera dei rappresentanti della Libia, il parlamento che si trova nell’est del Paese, annunciava recentemente la decisione di ritirarsi dall’accordo sulla formazione di una compagnia nazionale unificata (NOC) e il trasferimento dei porti petroliferi a tale ente. 

La decisione è stata presa dal comitato parlamentare per l’energia. In precedenza, una decisione simile fu presa dal governo temporaneo di A. Abdurahman al-Tani. I parlamentari sollecitano l’esercito a trasferire il controllo dei terminali alle istituzioni che obbediscono alle autorità dell’est. Ricordiamo che il 3 marzo la “mezzaluna” (la costa del Golfo di Sirte) subiva l’attacco massiccio dalle “Brigate di difesa di Bengasi” (BDB). 

Tale formazione fu creata nell’estate 2016. Il suo scopo era affrontare le autorità orientali fedeli all’Esercito Nazionale Libico (LNA), attualmente sotto il comando del Maresciallo Q. Haftar. I militanti delle BDB riuscivano ad occupare i maggiori terminali petroliferi del Paese, situati sulle coste mediterranee, Ras Lanuf e Sidra. Alla vigilia della decisione della Camera, l’LNA lanciava il contrattacco per scacciare gli islamisti dai porti. L’esercito acquisiva il controllo dei porti, senza prima stabilire a chi trasferirli. Il NOC è guidato da M. Sanala da Tripoli. 

L’esercito trasferì il controllo sui terminali acquisiti nel settembre 2016 alla NOC, che ha una struttura parallela a Bengasi, subordinata alle autorità orientali anche se fa parte del NOC. Così, Tobruq agiva contro i clan di Tripoli e Misurata, dove gli scontri tribali sono volti a controllare i campi petroliferi e l’esportazione dell’oro nero. Le BDB furono create con denaro del Qatar e supporto logistico di Misurata. Il loro scopo era respingere le forze di Haftar, dato che Misurata non voleva combattere contro l’esercito di Tobruq. 

Le loro azioni non furono respinte dal primo ministro del Governo dell’Accordo Nazionale (GNA) F. Saraj, impedendo di monopolizzare l’industria petrolifera sotto il controllo di Haftar. Ciò spiega anche l’accordo di Saraj per lo scontro armato delle tribù locali leali, volontari di Tuba e Misurata, contro l’espansione di Haftar nel Fizan. Questa è la lotta tra Parigi e Roma per assicurare il commercio dell’industria petrolifera della Libia alle società francesi o italiane. Un altro passo adottato da Saraj contro il monopolio di Haftar sui campi petroliferi era il concentramento delle operazioni d’esportazione nella NOC guidata da Sanala. 

I tentativi di Tobruq di lanciare le esportazioni attraverso la NOC di “Bengasi” non hanno avuto successo: nei siti internazionali la NOC Tripolitana è ufficialmente accreditata. Tobruq ha cercato di porvi fine, ma finora il risultato non è chiaro. Passato il periodo di riconciliazione tra Sanala e Saraj, ognuno ha iniziato a giocare al proprio gioco. Il premier cerca di concentrare il flusso delle esportazioni nelle proprie mani. Il decreto di Tobruq lo prova su questa controversia. Va ricordato che il 13 giugno la NOC della Libia stipulò un accordo temporaneo per riprendere le esportazioni con la società tedesca Wintershall. Ciò rafforzerebbe la posizione di Saraj. 

A maggio, la Libia produsse 160000 barili al giorno. Ora questa cifra è aumentata a 830000 barili. La disposizione consente l’immediata ripresa della produzione nelle aree concesse a Wintershall, NC 96 e NC 97, nella Libia orientale. Ciò consente inoltre di aumentare la produzione nei campi della stessa infrastruttura, in primo luogo Abu Afital, gestito da Malitah Oil & Gas, che produce attualmente 70000 barili. 

Queste azioni consentiranno alla Libia di raggiungere i livelli produttivi giornalieri di un milione di barili di petrolio nei prossimi mesi. Wintershall, che opera sul mercato libico dal 1956, è in disaccordo con la NOC sulle tariffe. NOC si riferisce all’accordo del 2010 con Wintershall, che cercava di aumentare le tariffe chiedendo a Wintershall un miliardo di dollari di arretrati. 

I tedeschi citano la decisione del governo libico sulla tariffa preferenziale, prevista dal vecchio accordo di concessione, che annullò le regole dell’ex-regime libico. Saraj qui affiancò i tedeschi, firmando un accordo per abbandonare le pretese della NOC. Perciò emise una risoluzione dal consiglio presidenziale a marzo, sciogliendo i poteri del ministero dei Carburanti e dell’Energia della Libia e trasferendo l’autorità dell’agenzia a compagnie libiche ed estere. Ciò causava la forte reazione di Sanala, secondo cui Saraj ha creato le condizioni affinché lui e il suo gabinetto entrassero negli accordi azionari sulle singole produzioni con tutti i principali attori del mercato. 

Dopo che Sanaj adottava la risoluzione, Sanala escluse Wintershall dall’oleodotto per l’esportazione, costringendola a chiudere la produzione. Riteneva che la prerogativa di creare relazioni contrattuali appartenga a un organismo indipendente, il che significa che la produzione di petrolio rientra nella sfera economica e non politica. Tutto ciò complica i piani del governo per aumentare la produzione e l’esportazione di petrolio. Gli esperti ritengono che tale accordo interinale obbligherà i capi di GNA e NOC al compromesso. Ma sembra che Tobruq lavori attivamente alla creazione di strumenti alternativi per estrazione ed esportazione degli idrocarburi.

 

Cigno, cancro e picco libici
 
L’LNA combatte gli estremisti di Bengasi, tra cui i militanti dello Stato islamico (SIIL) e le formazioni associate ad al-Qaida (entrambe le organizzazioni sono vietate in Russia). Da metà novembre 2016, l’esercito ha attaccato le regioni occidentali e si concentra sulla rimozione degli estremisti dalle fortezze del nord. Ufficialmente Bengasi è stata liberata dagli islamisti sei mesi fa, secondo le dichiarazioni di Haftar che, come risulta, non sono vere. 

Lo stesso vale per il resto della Libia. I discorsi dei politici locali si basano sulla speranza di ricevere ulteriori finanziamenti da sponsor esteri e, di regola, si basano anche sugli accordi con le tribù locali. Nel frattempo, gli sceicchi di queste tribù cambiano spesso parere, a seconda di chi paga di più la loro lealtà. 

L’unico fattore che influenza tale lealtà a lungo termine è la minaccia di distruggergli la tribù. Questo è il caso del Fizan, che ha subito pesanti incursioni aeree dall’aeronautica di Haftar (più precisamente dagli aerei militari degli EAU pilotati da mercenari statunitensi) sulle tribù Tuba. Ciò spinse i loro sceicchi a riflettere se fosse corretto sostenere il piano italiano dell’accordo di Roma e se fosse corretto opporsi a Tobruq. Tuttavia, ci sono pochi aerei e molte tribù. 

Ciò significa che la prima causa dell’instabilità in Libia è l’incapacità di una qualsiasi forza d’infliggere una sconfitta militare decisiva agli avversari. Sembra che combattano su una trapunta fatta di varie pezze, le varie tribù con sempre nuove preferenze politiche dai loro sceicchi. La seconda ragione, i deboli sponsor delle forze politiche e dei clan in Libia. Oggi esistono diversi operatori esteri attivi in Libia che tirano il Paese in direzioni diverse. L’alleanza tra Emirati Arabi Uniti, Egitto e fino a poco prima Francia, puntava sulle forze armate di Tobruq, cioè Haftar. 

Il sostegno finanziario e tecnico di queste formazioni (“Blackwater”, forze aeree degli EAU, forze speciali egiziane e francesi, sponsorizzazione degli EAU nell’acquisto di armi e munizioni in Bielorussia) s’è rivelato insufficiente per dare potere e il monopolio politico ad Haftar, non solo in Libia ma anche nell’est del Paese (l'”oasi islamista” di Derna) e nella regione della “mezzaluna”. Le conseguenze imprevedibili sono la debolezza militare di Haftar e la riluttanza dei suoi sostenitori esteri a partecipare apertamente ai combattimenti. Le forze speciali francesi ed egiziane conducono operazioni molto limitate. 

Per controllare gli sceicchi, gli sponsor di Haftar devono fare pressioni armate di continuo. Tali pressioni irriterebbero la comunità internazionale e danneggiano la reputazione di Tobruq, facendola sembrare l’agente di fazioni estere. Ciò pregiudica la legittimità di Haftar agli occhi della popolazione. Tuttavia, le forze dell’opposizione in Libia sono armate dai loro sponsor. Lo slogan “La Libia non tollererà interferenze straniere”, fu lanciato dal Qatar per proteggere i suoi alleati, i clan di Misurata e Tripoli, dall’intervento estero su larga scala. Questo è il secondo centro di potere in Libia, abbastanza chiaro. Ma né Qatar né i suoi alleati hanno la forza o la capacità di partecipare apertamente alle operazioni militari per sostenere i gruppi fedeli. 

Il terzo centro di potere è il governo di accordo nazionale di Saraj. Non ha capacità militari, ma è riconosciuto internazionalmente e gode del sostegno di Roma. Ciò fu dimostrato a metà giugno quando Saraj e il “secondo uomo” del suo consiglio presidenziale, A. Maytigi, si recarono a Bruxelles incontrandosi con A. Alfano, ministro degli Esteri italiano e, attraverso i lobbisti di Roma a Bruxelles, con F. Mogherini, coordinatrice delle attività internazionali dell’UE, e con il presidente del Parlamento europeo A. Tajani. 

Furono organizzati anche incontri con il segretario generale della NATO J. Stoltenberg e il presidente della Commissione europea J. C. Junker. Questo viaggio fu la dimostrazione del sostegno di Bruxelles a Saraj e alle sue strutture, opponendosi a Tobruq e Haftar. La mancanza di coordinamento tra i soggetti esteri (nell’UE fra italiani e francesi) è una delle ragioni principali per cui in Libia rimane un vuoto di potere.


La “roadmap” esclusiva
 
A metà luglio, Saraj propose una nuova “roadmap” per superare la crisi. Il piano prevede elezioni presidenziali e parlamentari generali nel marzo 2018, la cessazione di tutte le operazioni militari tranne la lotta al terrorismo e un progetto per costituire comitati congiunti della Camera dei Rappresentanti (Parlamento unicamerale) e del Consiglio di Stato per iniziare l’integrazione delle istituzioni statali separate, ed ha l’intenzione di creare il Consiglio Superiore della Riconciliazione Nazionale, d’istituire comitati di riconciliazione tra le città e studiare i meccanismi che introducano giustizia di transizione, riparazioni e amnistia generale. 

Si ricordi che dopo i colloqui del 2 maggio a Abu Dhabi tra Saraj e il comandante dell’Esercito nazionale libico, Haftar, fu raggiunto un accordo per creare l’autorità nazionale e le agenzie nazionali di polizia. Per garantirne la formazione, saranno creati gruppi di lavoro e dopo la firma dell’accordo, le elezioni presidenziali e parlamentari si terranno entro sei mesi. Nel frattempo, Saraj cerca di posizionarsi con il Gabinetto dei Ministri come organismo neutrale intermediario, al di fuori del conflitto. 

I distaccamenti, che con alcune riserve vengono ridenominati “forze armate del governo di accordo nazionale” (le brigate di Misurata e della fratellanza musulmana tripolitane) sono dichiarate da Saraj “fronte” con cui non ha alcuna affiliazione. Allo stesso tempo, afferma di poter organizzare negoziati con essi. Questo accordo allarmava i capi di Misurata, che si vedevano esclusi dalla struttura di potere emergente, temendo l’isolamento al formarsi dell’alleanza tra Haftar e Saraj. L’alleanza sembra inquieta considerando il declino del sostegno a Misurata da Turchia e Qatar, Paesi che hanno rivolto l’attenzione all’attuale crisi nel GCC. Non esiste un fronte unito a Misurata. 

Alcuni capi cercano il compromesso con Haftar, gli altri sono decisi a combattere. Sono preoccupati dai contratti di Haftar con gli statunitensi: il 2 luglio fu ricevuto dall’ambasciatore statunitense in Libia P. Bodde e dal comandante di Africom T. Waldhaus. Ciò implica che Washington appoggia Haftar. Nel frattempo, i misuratini sperano nella neutralità statunitense, dato che le loro brigate, guidate da istruttori militari e col sostegno della forza aerea statunitensi, combatterono per liberare Sirte dallo SIIL. 

Il 2 luglio, il capo di Stato Maggiore delle forze armate della repubblica araba, M. Hagasy, incontrò una delegazione di Misurata per discutere come condurre le consultazioni dirette tra Misurata e Haftar. Gli egiziani cercano di erodere il fronte qatariota-turco nella Libia orientale per rafforzare la posizione di Haftar. Usano la parte delle élite di Misurata pronte al compromesso. Molto dipende dalla loro posizione negli scontri tra le forze di Haftar e l’opposizione. Se Misurata supporterà l’opposizione con l’aviazione, vincerà chi si oppone al dialogo con Tobruq.

L’eredità di Gheddafi
 
Il figlio di Gheddafi, Sayf al-Islam, fu liberato all’inizio di giugno dai soldati del clan Zintan in Tripolitania e Cirenaica. Ciò stimolava la rivalità tra i competitori per il potere nell’ottenere la simpatia delle tribù considerate filo-Gheddafi. 

Sul lato opposto, chi cerca il potere non dovrà permettere a Sayf al-Islam l’opportunità di diventare il centro del potere, sostenendo l’unione di tutti i libici. La liberazione di Sayf al-Islam è la premessa alla creazione di un sistema di collegamento con le forze filo-Gheddafi e persuaderle ad aderire ad un’alleanza. È anche un mezzo per acquisire finanziamenti dai Gheddafi, attualmente detenuti all’estero. 

Questo può essere difficile, il ritorno del capitale finanziario è una prospettiva lontana. Il coinvolgimento delle forze tribali d’altra parte è un’urgente questione di principio. Il figlio del colonnello viveva agli arresti domiciliari a Zintan, o protetto dallo zio ad al-Bayda in Cirenaica, dove si trova la madre, a casa di S. Farqas. Fu all’avanguardia del programma dell’ex-leader libico (2007-2010) per la liberazione, riabilitazione e il ritorno nella società dei capi e militanti di al-Qaida. 

I capi del gruppo combattente libico A. Bilhadj, S. al-Sadi e H. al-Sharif hanno oggi diverse centinaia di sostenitori. Bilhadj fuggì in Turchia dopo le ultime battaglie a Tripoli, ma ha ancora influenza nella capitale. È un grosso affarista nella logistica e nelle banche ed è pronto a compromessi con il capo del clan Zintan attraverso Sayf al-Islam. Bilhadj si libererebbe dell’influenza del Qatar se ci sono vere e proprie prospettive di dialogo. Un altro partner probabile per i negoziati è il capo dei “liberali” in Libia, M. Jibril, un protetto di Sayf al-Islam e attualmente legato a Tobruq. Il figlio di Gheddafi ha un vantaggio: è pienamente consapevole dei vari segreti detenuti da questi uomini. 

D’altra parte, è impopolare presso i Tuba nel Fizan. Il suo rapporto con i Tuareg è migliore, ma Sayf al-Islam non può dimenticare che lo consegnarono al clan di Zintan nel 2011. Inoltre, la maggior parte degli islamisti è riluttante a credere al figlio dell’ex-leader libico. In quanto tale, non tornerà al potere, ma è necessario per le conoscenze e i collegamenti. Saraj e Haftar hanno rafforzato la presa nella sfera della diplomazia tribale. Il primo ha iniziato a nominare rappresentanti di varie tribù nel blocco militare del proprio governo, garantendosi così la fedeltà delle tribù. 

Nel frattempo, il capo del governo perde il controllo su Tuba e Fizan, che minacciano di abbandonare il trattato romano che richiede la creazione di “guardie di frontiera” con le tribù Tuareg e Aulyad Sulayman. Se accadesse, non sarà tanto una sconfitta di Saraj quanto di Roma. Haftar ha iniziato, oltre a gestire i Tuba, a consultare le élite tribali di Tarhuna, principali fornitori del personale per l’esercito e le forze di sicurezza prima della rottura con Gheddafi. L’altro figlio di Gheddafi, Qamis, pensava di trasferirsi a Tarhuna con la 32.ma Brigata. Così poteva organizzare la resistenza. 

Tarhuna controlla diverse aree e regioni di Tripoli, facendone degli alleati indispensabili per controllare la capitale. Se i Tarhuna riconoscono il dominio di Haftar, avrà una forte base. Il capo tripolitano H. Tajuri, la cui forza è il sostegno militare principale di Saraj a Tripoli, comincia a mostrarsi attivo contattando gli “ex”. Durante gli scontri, le sue truppe liberarono la prigione della capitale, custodita dagli islamisti di H. al-Sharif. Questa prigione deteneva numerosi quadri dell’ex regime. Furono trasferiti nelle ville nell’area controllata da Tajuri a Tripoli. 

Il 12 giugno, durante una pausa del Ramadan, Iftar Tajuri invitò a una cena al Radisson Blu Hotel. Tra i suoi ospiti figuravano tra gli altri: S. Gheddafi, l’ex-primo ministro A. Zayd Durda e l’ex-capo dei servizi di segreteria A. Sanusi. Il capo cerca contatti con i rappresentanti delle tribù Gheddafi, Sharian e Migrahi, a cui questi individui appartengono. Tali manovre accelerarono dopo che Haftar e Saraj s’erano incontrati, il che indica che Tajura, le cui truppe svolsero un ruolo importante nella liberazione di Tripoli dalle forze dell’islamista al-Guala, avvia il suo gioco di potere.

Evgenij Satanovskij, VPK, 01.08.2017 – SouthFront

Evgenij Satanovskij, Presidente dell’Istituto sul Medio Oriente

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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