lunedì 18 settembre 2017

Il viroma: quando i virus sono già dentro di noi


Negli ultimi decenni sono emersi concetti come microbioma, microbiota, assi di relazione intestino-cervello, intestino-fegato, ecc. Ultimo arrivato, ma non meno importante, è lo straordinario concetto di viroma (presenza stabile di diversi virus nel nostro organismo).

Il viroma interagisce con il microbiota e il genoma umano e tutti si relazionano tra di loro, portando vantaggi e svantaggi alla salute dell’ospite. Lo studio del viroma si profila interessante e denso di implicazioni fisiopatologiche e terapeutiche, ma per il momento siamo solo agli inizi.

Co-evoluzione con Herpes virus
 
Le infezioni da herpesvirus costituiscono un’inevitabile parte della condizione umana, dato che ne soffre oltre il 90% dei soggetti. I virus erpetici infettano uccelli, rettili e mammiferi e si sono co-evoluti fin dall’inizio come linee specie-specifiche. Subito dopo la prima infezione, il virus adotta uno stato di sonno, cioè si mette in una condizione di latenza, attraverso l’espressione di un set alternativo di geni che inibisce le sue funzioni litiche centrali (uno dei due cicli di riproduzione virale).

La latenza permette al virus di nascondersi dal sistema immunitario e di rimanere all’interno dell’ospite. Per esempio, dopo l’infezione acuta, il virus herpes simplex 1 (HSV-1) si riproduce nelle cellule epiteliali, poi migra attraverso neuroni sensori ed entra in uno stato di latenza nella sua roccaforte costituita dai gangli trigeminali. La latenza rende l’ospite vulnerabile a successive riattivazioni del virus e quindi ad infezioni nei siti periferici (labbra, occhi, encefalo, ecc.). Di solito queste riattivazioni seguono stati di stress, strapazzi fisici, denutrizione, traumi neurologici.

Il viroma ci protegge dalle infezioni batteriche
 
Un tempo la latenza era considerata una forma di parassitismo che avvantaggiava il virus. Tuttavia, in tempi recenti si è scoperto che la latenza porta benefici anche allo stesso ospite. Per esempio, si è visto che i topi che che albergano infezioni latenti da virus gamma-herpes-68 o da citomegalovirus, geneticamente simili a quelli presenti nell’uomo (virus Epstein-Barr e Citomegalovirus) sono resistenti alle infezioni batteriche da Listeria monocytogene e da Yersinia pestis. Questa resistenza è ottenuta da una up-regulation dell’interferone gamma (IFNγ), conseguente alla infezione virale latente. 

A sua volta, l’IFNγ causa un’attivazione sistemica dei macrofagi, cellule dell’immunità aspecifica impiegate nelle prime fasi di una infezione batterica. In sostanza, la presenza cronica di un virus è in grado di mantenere alto lo stato di allerta immunitario rivolto ai batteri, sia di provenienza interna (microbiota) che esterna (ambiente). Quindi, una latenza virale non possiamo considerarla una forma completamente patologica, ma una condizione che procura all’ospite anche benefici immunitari.

Il viroma altera la suscettibilità alle malattie
 
Nei soggetti geneticamente predisposti, i virus sono in grado di modificare il rischio nei riguardi delle malattie croniche. Per esempio, il virus della coriomeningite linfatica può inibire la comparsa del diabete in alcuni tipi di cavie, mentre in altre può peggiorare la glomerulonefrite. Nei pazienti affetti da artrite reumatide, sindrome di Sjogren, lupus eritematoso e sclerosi multipla è stata dimostrata una latenza del virus Epstein-Barr (EBV). 

Secondo i ricercatori, l’infezione cronica da EBV concorre ai disordini autoimmunitari attraverso un meccanismo di cross-reazione (reazione verso il virus e contemporaneamente verso i tessuti umani). 

Un altro virus in grado di alterare le risposte difensive è il norovirus, che è responsabile della maggioranza delle infezioni gastrointestinali non batteriche nell’uomo. Per esempio, nei topi con mutazione del gene Atg16L, gene che aumenta la suscettibilità alla malattia di Crohn, l’infezione con norovirus murino scatena proprio questa grave malattia infiammatoria intestinale. Si sospetta che la stessa cosa possa accadere in soggetti umani con predisposizione genetica e in concerto con altri fattori ambientali, tra cui i batteri appartenenti alla normale flora intestinale.

Il viroma modifica l’espressione genetica e il rischio autoimmunitario
 
Il norovirus è in grado di modificare in modo sostanziale l’espressione genica nei topi Atg16L, rispetto ai topi normali. Per esempio, si verifica una completa inversione dei livelli di espressione dei geni che regolano il metabolismo dei carboidrati e degli amminoacidi, il traffico proteico intracellulare e il targeting e la localizzazione delle proteine. Ciò dimostra come la vulnerabilità genetica possa determinare il modo con cui un’infezione influenza la nostra identità trascrizionale. 

Queste alterazioni nell’espressione genetica possono influenzare grandemente l’immunofenotipo dell’ospite. L’immunofenotipo coincide con il livello base di attivazione del sistema immunitario in seguito allo stimolo di un antigene o di materiale immunogeno. Quindi, i cambiamenti nell’ espressione genetica dovuta ad una infezione latente può influenzare il modo con cui il sistema immunitario risponderà a future aggressioni patogene. I differenti modi con cui si esprimono i geni in seguito ad un’ infezione virale può anche influenzare la suscettibilità ad una malattia cronica e la sua progressione. 

Nei topi, un’infezioni latente da gamma-herpes-virus-68 è in grado di produrre variazioni nella espressioni dei geni della milza, cervello e fegato, influenzando quindi significativamente la trascrizione genetica nelle cellule degli organi dell’ospite. In particolare, si è visto che l’infezione latente è in grado di regolare l’espressione di quei geni implicati nel rischio di malattie autoimmuni, tra cui la celiachia, la malattia di Crohn e la sclerosi multipla.

Le infezioni virali possono compensare una immunodeficienza
 
Torniamo al nostro herpesvirus che conferisce una protezione verso certi batteri in seguito ad una sovraespressione dell’interferone. Questo è stato confermato in altri modelli murini in cui c’erano dei deficit immunitari verso i batteri. In sostanza, l’infezione cronica da herpesvirus stimola il sistema immunitario e compensa la carenza di citochine associata a diverse forme di immunodeficienza. 

Il tipo di infezione latente e il suo variabile impatto sulla espressione genica potrebbe spiegare come mai persone con la stessa predisposizione genetica hanno poi manifestazioni cliniche diverse. Questo rappresenta un’altra dimostrazione di come il corredo genetico non equivale ad un destino inevitabile.

Viroma e microbi commensali
 
Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che l’immunità virale e la patogenesi virale sarebbe governata da interazioni metagenomiche che coinvolgono più Regni (transkingdom metagenomic interactions). In altre parole, l’interazione tra tutte le sequenze del materiale genetico umano e non umano (microbico) condiziona il decorso di un’ infezione virale. Gli elminti, per esempio, che sono vermi parassitici che infettano i mammiferi, sono in grado di promuovere la replicazione virale sia attraverso l’inibizione dell’INF-γ, sia attraverso l’induzione della produzione delle interleuchine 4 (IL-4), che culmina nella riattivazione dell’herpesvirus-gamma murino. Gli elminti allo stesso tempo attivano la trascrizione del fattore Stat6 che sposta il virus dal suo stato di latenza verso la forma attiva e infettiva. In questo caso, il virus percepisce e poi risponde al milieu immunologico dell’ospite, che a sua volta è influenzato dal parassita.

Il norovirus, come già detto, è la causa più frequente di gastroenteriti acute è rappresenta un altro esempio di virus che infetta in modo latente l’intestino umano. Infatti, questo virus è presente nel 21% degli individui con immunodeficienza ed è eliminato in modo asintomatico con le feci nel 3-17% delle persone. Il norovirus rappresenta un altro esempio di interazione transkingdom, considerato che il microbiota batterico intestinale può favorire la persistenza o meno di questo virus. 

Il microbiota può perpetuare l’ infettività dei virus, favorendo la stabilizzazione delle particelle virali e facilitando l’adesione virale alle cellule dell’ospite. Tuttavia, l’effetto del microbiota nei riguardi dell’infezione virale è mediato dal sistema immunitario dell’ospite e segnatamente da alcuni geni specifici. In conclusione, questi esempi mostrano come si siano conservate durante l’evoluzione strette correlazioni tra microrganismi e cellule di Regni divergenti, come batteri, parassiti, virus e cellule immunitarie umane.

Alterazione del viroma e malattie infiammatorie autoimmuni
 
E’ noto che nei pazienti affetti da malattia di Crohn e rettocolite si ha un impoverimento di specie batteriche e di phyla a livello intestinale, rispetto ai sani. Tuttavia, se vengono sequenziati i loro viromi, si nota un notevole aumento nel numero di batteriofagi (virus che infettano i batteri e si moltiplicano al loro interno). Secondo alcuni ricercatori, l’impoverimento del microbiota batterico nei soggetti affetti da patologie infiammatorie croniche intestinali (IBD) sarebbe proprio dovuta all’azione predatoria dei batteriofagi, ipotizzando così una relazione predatore-preda tra il viroma e il microbioma. 

Nell’ambito di questo paradigma, l’introduzione dei fagi altera il microbioma e lo sposta verso un livello di maggiore vulnerabilità alle malattie. Quindi, il cambiamento del viroma potrebbe contribuire all’insorgenza dell’infiammazione intestinale e della disbiosi batterica e potrebbe essere utilizzato come biomarker per le IBD. Alla luce di queste nuove conoscenze, sarebbe interessante in futuro valutare attentamente il grado di resistenza ai batteriofagi degli attuali probiotici in commercio o addirittura di concepire dei provirotici, o virus che hanno un effetto benefico per la salute (sulla scorta degli attuali probiotici, appunto).

Viroma e vaccini
 
E’ stato dimostrato, sia nelle cavie sia nell’uomo, che alcune infezioni virali infantili modificano l’espressione dei geni legati alla risposta vaccinale e che questo potrebbe spiegare perché alcuni individui sono più sensibili ai danni da vaccino rispetto ad altri. Ripetute vaccinazioni potrebbero privare il corpo del favorevole effetto immunomodulante di alcuni virus che causano le malattie virali infantili e con cui gli esseri umani si sono co-evoluti.

Conclusioni
 
In sostanza, quando analizziamo la relazione esistente tra il genotipo e il fenotipo di un organismo non possiamo non considerare anche il viroma. Nel meta-genoma, vi sono diversi piani di interazione tra batteri, parassiti, virus e fisiologia dell’ospite, e tutti possono influenzare lo stato di salute. I virus sono essenziali nell’intricata e dinamica rete microbica che risiede nel nostro organismo. 

Contrariamente alla visione dualistica tipicamente Occidentale, i virus non sono in assoluto né buoni né cattivi, dato che un virus può avere numerosi effetti avversi, ma anche altrettanti affetti positivi immunomodulanti, così come abbiamo visto, e questo dipende dalla localizzazione anatomica del virus, dal genotipo, dai microbi commensali e da altri agenti infettivi. Come affermato da Louis Pasteur poco prima della sua morte: “ E’ il terreno che conta e non l’agente infettante”. 

Bibliografia
Liberamente tratto da: Profound Implications of the Virome for Human Health and Autoimmunity. Ali Le Vere. September 8th 2017. Greenmedinfo. 


Francesco Perugini Billi©copyright


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